A Gabriele d'Annunzio
G.B. Marieni
Non è il Generale che scrive al Capitano, ma un uomo e ha
sincera fede nei destini d'Italia che scrive ad un ardimentoso patriota.
Onde, ogni vincolo di militare disciplina essendo tolto di
mezzo, si possa comunicare con animo aperto e senza impaccio di sorta: così
G. B. Marieni può dire a Gabriele D'Annunzio di essere non soltanto un
fautore delle più audaci gesta; ma di essere commosso dallo slancio e dalla
tenacità con le quali il Poeta soldato persegue il bel progetto.
Di essere anche, di questo progetto partecipe nell'animo; non solo: ma di
volerlo più vasto e terribile, non affidato cioè ad un solo equipaggio di
ardimentosi, cimentati alla difficoltà.
Da quando assunsi il comando dell'Aeronautica io sognai lo
stormo di ali tricolori su Vienna: lo sognai e, allora, che il sogno potesse
avverarsi sembrava quasi esser follia. Oggi non più.
Le palpitanti ali italiane raggiungeranno la meta della
vendetta.
Ma il loro volo non deve essere un azzardo; deve essere una terribile
affermazione, una consacrazione certa.
E il grido di Achille, il bel grido dei guerrieri
mediterranei ch’ Ella ha rievocato su Pola, verrà lanciato su Schönbrunn: da
una possente squadra che dimostri al nemico la nostra forza più e meglio
d’un'unica audacia.
Quando verrà il giorno - e com’ Ella lo invoca, così io cerco
che sia prossimo intensificando l'opera delle forgie - allora il Generale
chiamerà il Capitano e gli darà ordine di partire.
Nella fervida attesa dell'ora auspicata, è necessario che noi
tutti italiani si attenda, fiduciosi, disciplinati, silenziosi: anche quando
l'urlo sembri prorompere impaziente dal cuore.
Io son sicuro ch’ Ella mi ha compreso; e sarò molto lieto,
appena se ne porga la occasione, di stringerle la mano che è la mano d'un
bravo cittadino e d’un buon soldato.
Mi è grato intanto rimetterLe firmate le due cartoline ch’
Ella volle inviarmi con pensiero gentile, di cui molto le sono riconoscente.
G.M. |