Molte
volte si è
portati, spinti dall' ammirazione per il valore e il
sacrificio di molti
nostri soldati, a
ricordare le imprese,
gli atti eroici,
dimenticando troppo
spesso coloro
che con altrettanto valore e sacrificio
si dedicarono, pur nella guerra,
a costruire, anziché distruggere
a riparare invece che colpire,
a portare la vita o a salvarla, anziché
distribuire ciecamente la morte.
Esempio tipico di questi valorosi è il generale marchese Giovanni
Marieni la cui
figura giganteggia
senza confronti nel
campo tecnico-militare delle guerre libica e mondiale
del 1915.
Nato a Bergamo nel 1858, Giovanni
Marieni, fedele alla tradizione
dell'antica famiglia, scelse, ancora
giovanissimo, la carriera del
Genio Militare e, nel
1882, esce ingegnere dalla scuola militare di
Applicazione
Artiglieria e Genio di Torino.
Con il grado di capitano insegna
«fortificazioni»
alla scuola militare di Modena e, successivamente,
passa all'Ispettorato
Generale del
Genio.
Si specializza nel problema
dell'acquartieramento
costruendo
caserme con i nuovi criteri da lui
enunciati anche in sue
pubblicazioni.
A Bergamo, a lui è dovuta la caserma
Umberto I così come il restauro
e la sistemazione dell'ex
convento di S. Agostino adibito a
caserma.
La sua carriera è rapida e sicura:
comandante del battaglione zappatori
a Roma, poi a Brescia direttore
del Genio. All'Istituto d'Arti
Grafiche di Bergamo fa
comporre la
prima carta stradale d'Italia, poi,
con il grado di tenente
colonnello si
dedica quasi per un decennio a fortificare la
Valtellina, la Val Camonica,
le Giudicane, il Trentino
e, infine, la
piazzaforte di Venezia.
Nel 1912,
Giovanni Marieni, con
il grado di colonnello,
dalla direzione
generale del genio di Bologna,
viene destinato dal ministero della Guerra Spingardi a comandare
il Genio della Tripolitania.
Marieni si dedica al nuovo impegno
con una dedizione e un ingegno
degni della più alta lode.
A
lui, infatti, si deve
la risoluzione
del grave problema idrico della Tripolitania,
ottenuta vincendo dapprima lo scetticismo dei migliori ingegneri che
negavano la possibilità
pratica dei pozzi
artesiani e quindi
superando i roventi
ostacoli e le
utopie di enti e commissioni. In
tre anni e con una
spesa relativamente
esigua impiantò e portò a
termine l'acquedotto Rumia-Jeffren
alla cui opera già si erano dedicati con veri e propri disastri tecnici
e finanziari,
ingegneri turchi prima e francesi poi; successivamente eseguì il pozzo
artesiano di Zuara capace
di un gettito di mille metri
cubi di acqua al giorno
e poi quello di
Misurata, senza contare gli infiniti
impianti tubolari, acquedotti e
canali, che diedero
acqua, anche per
l'irrigazione, a tutta
la colonia.
In tre anni, sotto la direzione di
Giovanni Marieni,
sorsero accampamenti
militari, campi trincerati
(come quelli di
Tripoli e di Homs),
caserme, polveriere,
chiese, fortilizi,
ospedali; furono restaurati castelli
e moschee, costruite
residenze
governative, edifici pubblici, mercati,
il porto di Misurata e,infine, furono |
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impiantati tutti i
servizi telefonici,
telegrafici e radio.
Giovanni Marieni si preoccupò pure delle delle comunicazioni
stradali, costruendo
le principali strade costiere e dell'interno. Tripoli, Bugheilan, Jeffren, Nalut, Ghadames,
Tharuna, Beni-Ulid, Homs,
Iliten, Misurata,
Azizia, Cariati, Zavia,
Zuara, Misda, Agilat,
Bukamez, Suani-Beni-Aden, Tagiura sono solo alcune delle tappe della sua
opera di costruttore capace di superare
le più ardue difficoltà. Per i
suoi meriti eccezionali,
infatti, viene
proposto dal Governatore per la promozione a maggior generale.
Nel 1915 Marieni rientra
in Italia e, dopo un breve direttorato al
Genio di Genova, passa, poco prima dello scoppio del conflitto mondiale,
comandante del Genio del III
Corpo d'Armata,
mobilitato in quel
settore del fronte, dallo Stelvio al Garda, che egli anni prima aveva
fortificato.
Scoppiata la guerra, preoccupandosi
affatto dei pericoli, si spinge
fin nelle posizioni più avanzate e
nelle trincee per stabilire le
sistemazioni:
studia e costruisce strade
dirette e di arroccamento, aggiunge
arte alle difese
naturali di quel tratto di fronte che, unico, non cedette
nemmeno un metro, nei giorni
del rovescio, di fronte al nemico.
Nel dicembre del 1915
Marieni viene
promosso da Cadorna maggior
generale per meriti di guerra
e viene chiamato alla Direzione Generale dell'Aeronautica. Cadorna,
nel dargli l'incarico,
gli disse: «Vada a
crearmi un'aeronautica da
guerra : la nostra è all'
infanzia, quelle
nemiche sono più che adulte». Nel giro di soli due anni Marieni
crea un'aviazione che acquista, via
via, una sempre più decisa supremazia
su quella nemica. Il
generale Marieni aveva preso in
consegna 168 velivoli al fronte, 96 alla riparazione, 75 alle
scuole, 6
dirigibili e 13
palloni osservatori, per un
totale di 358. Nell'ottobre
del 1917 ne lascia 1031 al fronte,
oltre 760 di riserva, 734 alla riparazione,
1439 alle scuole, 30 dirigibili,
28 palloni frenati, per un
totale di 4022. Le industrie che
producevano 75 velivoli al mese, ne
producono 688; le scuole da 47 allievi
al mese ne sfornano 878.
Ma Giovanni Marieni non si
limita a ciò:riunisce i vari rami dell'Aviazione
sotto un'unica direzione,
vola, provando egli stesso i
nuovi tipi di caccia e di
bombardieri, adotta
i palloni frenati di tipo italiano, sceglie e fa costruire dirigibili di
tipo Forlanini, cura la graduale sostituzione di apparecchi di
brevetto francese con quelli italiani.
L'Italia riesce ad avere nei trimotori e nei triplani i più formidabili velivoli da bombardamento del
mondo, nel SIA 9 B e nel derivato,
che darà poi origine al
BR, l'apparecchio,
di maggior autonomia che
riuscì, già allora, a
coprire la distanza
Roma-Londra senza scalo;
nel SVA, l'apparecchio
del volo su Vienna
e di tutti i voli record.
Nel
1917 possono essere effettuati
bombardamenti collettivi di 275 apparecchi, voli notturni con interi
stormi. D'Annunzio, che ben raramente ebbe occasione di lodare i
superiori, ebbe per Marieni i più
ampi elogi e la più grande ammirazione.
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«E' la prima volta
-
scriverà Gabriele D'Annunzio
- che si alza verso
la
nostra aviazione la lode
universale, e il nostro Capo deve
esser fiero di aver saputo adunare e animare questa forza improvvisa».
E ancora, in
un'altra lettera:
«Ah! perché non era a
Udine un
capo ardito e generoso come il
generale
Marieni?». In un altro scritto si
legge:
«Mio generale, da gran tempo desideravo d'incontrarla e di poterle finalmente dire a viva voce la mia
riconoscenza d'Italiano e di
aviatore per l'impulso ogni giorno
più generoso e più vigoroso
che Ella dà alla nostra Arma novissima. Mi
abbia sempre ai Suoi ordini, Signor
Generale, e voglia adoperarmi
in ogni tempo e in ogni modo».
Giovanni
Marieni continua, instancabile
e con sempre nuove
idee, la sua opera:
istituisce i primi
servizi di posta aerea del mondo,
istituendo le linee Roma-Torino,
Civitavecchia-Sardegna e Napoli-Palermo,
su sua iniziativa viene
costruito l'aeroporto di Ponte
San Pietro, prepara un progetto
per una speciale carta
aeronautica e fonda una
rivista d'aviazione.
Promosso per meriti eccezionali
tenente generale, iniziata la ritirata
di Caporetto, Cadorna lo chiama
d'urgenza per la difesa del Piave
e del Grappa. La sua opera è veloce e perfetta. Lo stesso nemico
lo riconosce: un generale austriaco
scrive: «L'armata austriaca
non ha potuto sfondare l'esercito
italiano e conseguire la vittoria
da otto mesi preparata con tutte
le risorse dell'Impero, per l'entità
delle linee difensive costruite dal
Genio militare italiano, per la sapiente loro organizzazione e per
il
numero infinito di tali linee».
Finita la guerra Marieni si dedica
alla ricostruzione delle linee di
comunicazioni, degli
argini dei fiumi,
porta a termine fino all'agosto
del 1919 opere per l'importo di
un miliardo di lire
(di allora!).
Nel 1920 viene
collocato in aspettativa. Marieni non solleva
obiezioni, si ritira
nella sua villa
sui Torni dove morì
nell'agosto
del
1933.
Cadorna, in quel
periodo del dopoguerra
in cui l'alto ufficiale bergamasco
si trovava quasi al bando,
scrisse in una lettera: «Ho visto
Marieni, uomo
intelligente, capace
e di carattere, e
perciò trattato male ».
Marieni si
ritirò completamente
alla vita civile e per
un breve periodo
fu sindaco della città ma,
troppo amareggiato
per la quasi indifferenza
con cui veniva ricordata
a Roma la sua opera,
preferì ritirarsi
da ogni attività.
Più volte fu
proposto a senatore
del Regno, ma la cosa
non ebbe alcun
esito, «La sua città - scriverà Antonio
Locatelli - riconoscendo in lui
uno dei suoi più
grandi figli, vorrà
un giorno lontano, o
vicino, onorarlo
secondo merito.»
Ora a Bergamo vive una nipote
che di così glorioso nonno conserva
i cimeli e a Bergamo ritorna
nelle brevi pause dei suoi alti
incarichi il figlio del generale Marieni,
il dott. Alessandro, recentemente nominato ministro plenipotenziario
di prima classe, confermando
così le alte tradizioni di
così nobile famiglia.
ALBERTO
GRECO |