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MARIENI OSSERVA LE
POSIZIONI NEMICHE DA UNA
TRINCEA (CIMA ECKAR).
(fot. ten. Dall'Ongaro) |
GRANDI FIGURE MILITARI E DELLA GUERRA
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(Da una
lettera di G. D'Annunzio) |
La terra orobica, se ha dato alla grande guerra soldati valorosi e tenaci,
semplici anche nell'eroismo, dagli alpini ai "lupi", ha dato due grandi generali:
Albricci e Marieni.
La figura del
generale Marchese Giovanni Marieni giganteggia senza confronti nel campo tecnico-militare delle guerre libica ed
europea.
Nato nel 1858 a Bergamo il Marieni discende
da antica famiglia di qui, le cui origini note risalgono al 1180;
più tardi i marchesi
Marieni possiedono un castello nella libera Averara, godendo privilegi
per la difesa del passo di S. Marco e danno vicari civili al tempo della
dominazione di Venezia.
Più vicino a noi
troviamo Giuseppe Marieni, comandante del Genio con Napoleone I ed il
grande geodeta
Giacomo, pure generale di tale arma.
Fu certo per seguire
questa bella tradizione che Giovanni Marieni scelse la carriera del
Genio Militare.
Egli esce nel 1882 ingegnere dalla
scuola Militare
di Applicazione
Artiglieria e Genio
di Torino. Col grado di capitano insegna "fortificazione" alla
scuola militare di Modena e passa poi all'Ispettorato Generale del
Genio. Si specializza nel problema dell'acquartieramento, costruendo
caserme con i nuovi criteri da lui enunciati anche in pubblicazioni.
A
Bergamo la caserma Umberto I è dovuta a lui, così come il restauro e
la sistemazione dell'ex convento di S. Agostino adibito a caserma.
Nel 1900, sposa
donna Maria Saredo, una nobildonna ligure che sarà la forte e buona
compagna della sua vita, e fonda qui, nella sua città nativa,
precisamente sui colli, in fondo ai Torni, il delizioso nido al quale
resterà legato fino alla morte.
La sua carriera è
rapida, sicura : comandante del Battaglione Zappatori a Roma, poi
Direttore del Genio a Brescia. Fa comporre presso l' Istituto d' Arti
Grafiche di Bergamo la prima carta stradale d'Italia. Col grado di ten.
colonnello si dedica per quasi un decennio a fortificare la Valtellina,
Val Camonica, le Giudicarie ed il Trentino, infine la piazzaforte di
Venezia.
Nel 1912 dalla
Direzione Generale di Bologna, con il grado di colonnello è destinato
dal Ministero della Guerra
Spingardi a comandare il Genio della
Tripolitania.
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L' INAUGURAZIONE
DELL'ACQUEDOTTO RUMIA-JEFFREN - GLI ONORI MILITARI A MARIENI |
E'
da ascrivere a sua gloria la risoluzione del grave problema idrico di
laggiù, ottenuta vincendo dapprima lo scetticismo dei migliori ingegneri
che negavano la possibilità dei pozzi artesiani e sovente ostacoli ed
utopie di enti e commissioni.
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Per esempio eseguì in tre anni e con poca
spesa l'acquedotto Rumia-Jeffren, tentato invano,
con disastri tecnici e finanziari, dai Turchi e da ingegneri francesi;
poi il pozzo artesiano di Zuara che dava mille metri cubi nelle 24 ore e
quello di Misurata, senza contare gli infiniti impianti tubolari che
diedero acqua, anche per irrigazione, a tutta la colonia.
In tre anni di sua direzione sorsero
accampamenti militari, campi trincerati che come quelli di Tripoli e di Homs
resistettero anche all'abbandono del 1915-16; ancora: caserme,
polveriere, fortilizi avanzati, chiese, ospedali e cimiteri; furono
restaurati castelli e moschee, costruite "residenze"
governative,
edifici pubblici, panifici, frigoriferi, mercati, il
porto di Misurata ed infine tutti gli impianti telefonici, telegrafi e
radio. Vennero compiute
pure le principali strade costiere ed
interne : importantissima quella di carattere romano
da Tripoli al Garian.
Tripoli, Bugheilan, Jeffren, Nalut, Ghadames, Tharuna, Beni-Ulid,
Homs, Sliten, Misurata, Azizia, Garian, Zavia, Zuara, Misda, Agilat,
Bukamez, Suani-Beni-Aden, Tagiura ecc. sono le tappe della sua opera di
costruttore che non ripiega mai davanti alle più ardue difficoltà.
Viene
proposto dal Governatore per la promozione a Maggior Generale per meriti
eccezionali.
Rientrato in Italia, nel gennaio 1915, dopo breve direttorato a Genova,
passa, poco prima dello scoppio della guerra, comandante del
Genio del III Corpo d'Armata, mobilitato in quel settore del fronte dallo
Stelvio
al Garda ch'egli aveva fortificato anni |
L'ACQUA SGORGA DALLE SABBIE LIBICHE
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prima. |
Scoppiata la guerra si
prodiga spingendosi fin nelle posizioni più avanzate e nelle trincee per
stabilire le sistemazioni offensive ; studia ed eseguisce
strade, dirette e di arroccamento, e sorveglia i più importanti lavori di
retrovia ; aggiunge arte alle difese naturali di quel tratto di fronte
che, unico, non cedette mai d'un metro di fronte al nemico nei giorni di
sfortuna per le nostre armi.
La sua figura
risalta per coraggio quanto per sagacia ed i soldati gli vogliono bene
per quel suo temperamento illuminato, energico e paterno ad un tempo.
Nel dicembre del '15 Cadorna lo promuove per merito di guerra maggior generale e lo chiama
alla Direzione Generale dell' Aeronautica, dicendogli : "Vada a
crearmi un'aeronautica di guerra: la nostra è all' infanzia, quelle nemiche sono più che
adulte". E Cadorna sa di potersi
fidare.
Infatti Marieni crea un'aeronautica che
acquista decisa supremazia su quella nemica. Prende in consegna 168 apparecchi al fronte, 96 alla
riparazione, 75 alle scuole, 6 dirigibili e 13 palloni
osservatori (un totale di 358).
Ne lascia all'ottobre del '17: 1031 al fronte,
oltre più di 757 di riserva,
734 alla riparazione, 1439 alle scuole; 30 dirigibili, 28 palloni
frenati (un totale di 4019). Le industrie che producevano 75 apparecchi
al mese ne producono 688, le scuole da 47 allievi al mese ne gettano
878.
Queste le statistiche numeriche, ma c'è altro : riunisce i vari rami
sotto un'unica Direzione, vola, provando egli stesso i nuovi tipi di
velivoli e di motori, adotta palloni frenati di tipo italiano, sceglie e
fa costruire
dirigibili Forlanini, cura la graduale sostituzione di
apparecchi di brevetto francese con quelli italiani. L' Italia riesce ad
avere nei trimotori e nei
triplani Caproni i più formidabili apparecchi
da bombardamento del mondo, nel SIA 9 B e nel derivato, che darà
origine poi all'attuale BR, l'apparecchio di maggiore autonomia che
riesce già allora
a coprire la distanza da Roma a Londra senza scalo ; infine nello
SVA, l' apparecchio del volo su Vienna e di tutti i voli
miracolo, il più veloce. |
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IL GENERALE MARIENI
AL TEMPO DELLA GUERRA.
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Nel 1917 possono essere effettuati, grazie a questa situazione,
bombardamenti collettivi sul nemico di 275 apparecchi, spedizioni a luce
stellare, con interi stormi.
La nostra aeronautica raggiunge in tale epoca un
primato che la impone all'ammirazione universale.
Egli pronostica, prima di
Douhet, che "la signoria
dell' aria è per gli Eserciti primo fattore di vittoria".
D'Annunzio, che non fu mai tenero verso i superiori e raramente li
lodò, ebbe per Marieni i più alti elogi, alcuni dei quali riproduco
qui a conferma di quanto asserisco, e con lui si confidò in lunghe
lettere piene di fervore e di affetto, augurandosi che il generale
assumesse il comando superiore — ancora inesistente — dell'arma
alata; il poeta-eroe aveva trovato in Marieni un uomo superiore, un
comandante col quale confidarsi.
E la corrispondenza continuò anche
quando Marieni passò a comandare il Genio per l'estrema difesa del
fronte gravemente minacciato.
Marieni precorrendo i tempi, istituisce i primi servizi di posta aerea
del mondo: Roma-Torino, Civitavecchia-Sardegna e Napoli - Palermo;
prepara anche il progetto per una |
IL GENERALE MARIENI PROVA IL
TRIPLANO GIGANTE CAPRONI |
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speciale carta aeronautica e fonda la Rivista di Aerotecnica.
Ai bergamaschi può interessare di sapere che per sua volontà iniziale e approvazione venne fondato
il nostro magnifico campo di aviazione di Ponte S. Pietro.
Marieni
per l'organizzazione
dell'aeronautica passa tenente generale per meriti eccezionali.
Iniziata la ritirata di
Caporetto, Cadorna, avendo bisogno di un uomo di eccezione, chiama d' urgenza
Marieni e lo fa Comandante Generale e Ispettore dell'arma del Genio: il
coronamento di un sogno tradizionale.
Il Re e il capo di S. M. dell'esercito Italiano, mentre comunicano a
Marieni le disposizioni per l'estrema difesa del Piave e del Grappa, devono aver letto in
quegli occhi sereni, su quel viso, la cui dolcezza non era attenuata neppure dai lunghi baffi burberi, la fede, la certezza di chi ha competenza
e mano ferma.
Coloro che usano giudicare gli uomini con leggerezza avrebbero dovuto
vedere in quei giorni di sfacelo
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e di pericolo per l'
Italia, Marieni lavorare la terra fangosa del Piave e il duro masso del
Grappa con la Calma
sicura del chirurgo che s' accinge ad un' operazione disperata, infondendo la
sua certezza nei soldati, per improvvisare gli apprestamenti che permisero agli eroici difensori di resistere sulla nuova linea del fronte.
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Nello stesso tempo egli costruisce ponti
provvisori e strade per facilitare il flusso della ritirata e si fa
compagno del fante contro il primo imperversare del nemico incalzante.
La battaglia del Solstizio, se è stata la prova sublime per il fante, è
stata anche il collaudo delle incrollabili opere difensive preparate dal
nostro genio. Lo riconosce a modo suo, un generale nemico che scrive:
"L'armata austriaca non ha potuto sfondare l'esercito italiano e
conseguire la vittoria, da otto mesi
preparata con tutte le risorse dell' Impero, per l'entità delle linee
difensive costruite dal Genio Militare italiano, per la
sapiente loro organizzazione e per il numero infinito di tali linee" .
Il
generale nemico, se dimentica il sacrificio del nostro fante e il valore
dell'artiglieria, è testimonio non sospetto del contributo portato alla
guerra, dopo Caporetto e con Marieni, dall'arma speciale. |
Il Gen. Marieni inaugura la prima linea aerea
al mondo |
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Il Gen.
Marieni ispeziona la zona del Grappa ...e
la zona del Montello
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Il generale Lord CAVAN, Comandante delle forze inglesi sul nostro
fronte, scrive : " il grande trionfo degli Italiani fu quello del Genio
Militare".
Sa la storia cosa ha fatto il Genio nell'ultima
offensiva che ci diede la vittoria.
Rifulge anche qui la genialità del capo e
la capacità tecnica, il valore di quest' arma che non è solo dotta, se ha
fatto così grande donazione di sangue accanto alle fanterie.
Il generale
Marieni corona la vita di guerra guadagnandosi
un alto grado dell'Ordine Militare di Savoia che rappresenta il supremo
riconoscimento del valore illuminato dall'
intelligenza. |
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Il Gen.
Marieni con il Conte di Torino,
il
Re del Belgio
e il
Duca di Bergamo |
Finita la guerra l'arma del
Genio non riposa : Marieni, che intanto scrive importanti articoli tecnici,
invoca l'onore alla sua arma di ripristinare i danni della guerra nelle
terre combattute.
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Sgombra i campi di battaglia, demolisce 1.600 km. di linee difensive
e oltre 3 milioni di mq. di reticolati; ricostruisce tutti gli argini dei fiumi,
dal Piave al Tagliamento.
Costruisce oltre 15 km. di ponti stradali e
ferroviari; ripristina 4.000 km. di strade, le vie ferrate; ripara o rifà
22.000 fabbricati, 140 fornaci, 120 segherie, 60 laboratori di falegname, 6
molini e costruisce oltre 9.000 baracche provvisorie.
Ripristina acquedotti,
canali, reti idriche ed eseguisce 2.000 impianti di luce elettrica.
In otto mesi, e precisamente fino all'agosto del '19, prima che
intervenga il Genio Civile ed il Ministero delle Terre Liberate, il Genio
militare eseguisce lavori per oltre 8.000 carri, mille auto-veicoli : Un'opera d'insieme ciclopica.
Quale riconoscimento ha avuto Marieni, il generale che mai conobbe
"siluro", negli ultimi tempi della sua vita per quella formidabile
opera chiara, fervida, sagace di tanti anni?
Il collocamento in aspettativa, per
riduzione di quadri, da parte del
Ministero Bonomi di cattiva memoria, nel 1920
(otto anni prima del tempo): ingratitudine; dimenticanza.
Cadorna in quel periodo del dopo guerra in cui trovavasi quasi al bando,
scrisse in una lettera :" Ho visto Marieni uomo intelligente e di carattere, perciò trattato male ".
Fu Sindaco di Bergamo per
breve periodo ; forse non avrebbe dovuto accettare, lui così limpido, in quel
momento in cui il paese, infestato da tristi passioni politiche, non era ancora
sanato dal fascismo.
Fu proposto più volte Senatore del Regno ; gli spettava di pieno
diritto.
La proposta non ebbe
esito; eppure un Senato i cui membri avessero compiuto per l' Italia
qualcosa di simile
all' opera compiuta
da Marieni
sarebbe un superbo Senato.
Lui non era ambizioso, ma se ne accorò, più che altro per l' incomprensione
altrui.
Si dedicò al nido bergamasco, trovò fonte di serenità, più che nei
suoi ricordi, nella bellezza dei nostri colli, sentì la gioia di far rendere
frutti alla terra nel suo orto aprico posto là sul declivio che guarda la
piana del Brembo e l'Albenza. Visse parte qui e parte a Roma, attratto dal
fascino di ciò che in Roma si
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perpetua.
Nella villa bergamasca,
prediletta, morì improvvisamente il 17 agosto di quest' anno, durante gli
ultimi splendori dell' estate.
Salgo anch'io fin lassù per rendere l'estremo
omaggio al mio Comandante.
Seguo la via dei Torni che si snoda per i colli e
giungo alle cascine che in località Plinia precedono di poco il Pascolo dei
Tedeschi.
Varco un cancello, salgo, nell'ombra
di grandi alberi, una scalinata, giungendo alla villa che appare tra un muro di spalto
coperto di rampicanti e le fronde di cedri, con la facciata ornata da un
grazioso portico difeso da vetri ottagoni.
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LA VILLA MARIENI SUI
TORNI A BERGAMO |
Entro nella casa linda, di
una semplicità conventuale che pare rispecchiare l'anima dell'estinto.
La salma
è composta tra i ceri e i fiori nello studio ornato dagli scaffali con i libri
a lui cari.
Il viso appare sereno nella compostezza della morte come fu sempre
in vita.
Ripercorro istintivamente, in un attimo, la sua vita generosa e leale,
coraggiosa e fervida di pensiero e di opere e non so trovare che rimpianto.
Mi viene alla mente quando lo
vidi la prima
volta sul campo di aviazione di guerra
di Chiasiellis, e il suo viso s'illuminò, interrogandomi, sentendo ch'ero bergamasco.
La triste notizia non si è
ancora diffusa e attorno alla sua salma sono solo i suoi fedeli contadini: due
ritti in piedi accanto ai ceri, gli altri inginocchiati,
col viso tra le palme.
In quelle figure vedo, più che gli uomini della terra che piangono, i soldati
che gli rendono onore.
Mi accorgo che su una parete campeggia l'immagine del Re
e sento passare in me un'ondata di commozione al pensiero di questo soldato
fedele oltre la morte al Sovrano per il quale ha portato con onore la divisa.
La signora ed il figlio,
resi attoniti dal dolore, mi dicono con timidezza che suo unico desiderio
espresso sarebbe stato quello di essere seppellito qui nella chiesa di Sudorno
dedicata ai caduti della Guerra e ancora che egli dichiarava che non bisognava
piangerlo in caso di morte perchè aveva già compiuto la sua missione nella
vita.
E quale grande Missione !
Dallo spiraglio della
finestra entra il riverbero dell'estate; s' intravedono al di là delle fronde
del giardino i colli boscosi che degradano verso il Brembo, la pianura alberata,
i monti lontani. Mi ferisce il contrasto tra la bellezza della natura e l'immagine
spirtale di quella grande vita estinta.
Marieni non ha avuto negli
ultimi anni della sua vita i meritati onori, ma le acque ch'egli ha fatto
sgorgare copiose dal suolo libico gli cantano eterna lode e la sua strada del Garian è oggi percorsa dalle legioni fasciste.
Quando sul
Piave e sul Grappa la Patria correva l'estremo pericolo, egli infondeva nei
giovani fede nella vittoria; la sua competenza compiva i miracoli di tecnica
militare e salvava tante vite di combattenti; egli gettò i ponti improvvisi e
riattò le strade alle armate vittoriose; lavorò anche dopo la vittoria,
instancabilmente, per beneficare le terre liberate e quelle redente, lasciando
dovunque segni incancellabili.
Che importano allora i mancati onori del
laticlavio? e la riconoscenza di chi ignora di lui opere e virtù?
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LE
ESTREME
ONORANZE FUNEBRI NELLA CHIESA DEI CADUTI DI SUDORNO |
Marieni da quel mondo di
là, dove per concessione divina s'interpretano le leggi eterne e non quelle
contingenti, sorride con benevolenza alle piccole cose che l'hanno rattristato
in qualche momento della vita e perdona. Abbiamo visto passare la sua bara nel
sole, scortata alla chiesa di Sudorno da soldati e militi in elmetto;
ricordiamo che egli amando e onorando l'Italia le ha riconosciuto un nome
maschio e un volto che quasi faceva parte della sua carne e del suo spirito:
Bergamo.
La sua città, riconoscendo
in lui uno dei suoi più grandi figli, vorrà un giorno lontano, o vicino,
onorarlo secondo merito; intanto germogli il ricordo devoto e illuminato in chi sopravvive.
Antonio Locatelli
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