MARIENI SAREDO

Personaggi - Un poco di Storia - Curiosità - Fotografie

 

Il Casato dei Marieni | Il Casato dei Saredo | Carlo Marieni - Repubblicano | Capo Battaglione Col. Giuseppe Marieni | Giovanni Marieni - Cartografo
General Mayor Giacomo Marieni  | Luigi Marieni Medico Ricercatore | Generale Giovanni Battista Marieni  | Ambasciatore Alessandro Marieni Saredo

Sen. Giuseppe Saredo - Docente Universitario | Luisa Saredo - Storica e Scrittrice di Romanzi | Avvertenze Legali | Home Page | Vai a Fondo Pagina

 

+ Biografia

+ La carriera diplomatica: l'esordio

+ Il Patto d'acciaio e la guerra

+ Contatti per la pace a Ginevra

 

+ Il dopo guerra

AMBASCIATORE ALESSANDRO MARIENI SAREDO

   Il rientro in Italia

   Roma al Ministero

 

   La Grecia

   Il Consiglio d'Europa

BIOGRAFIA IN BREVE

   L'Argentina

   La Finlandia

 

   Il Giappone

  L'Algeria

 

Nel centenario della nascita dell'Ambasciatore Alessandro Marieni Saredo i figli e nipoti vogliono di ricordarlo pubblicando queste pagine tratte dal volume RICORDI DI UN DIPLOMATICO - Dal Fascio allo sfascio, edito nel 1992 dalla casa Editrice S. Marco di Trescore Balneario (BG).
Egli ripercorrendo la sua vita, i posti visitati e gli incarichi portati a termine, narra di avvenimenti e fatti che ormai sono entrati a far parte della storia.
Ne risulta una vivace autobiografia carica di commenti personali che riporta fatti e aneddoti alcuni noti ed altri inediti.
Allo scopo di chiarire ed ampliare la conoscenza degli avvenimenti e dei personaggi citati sono stati aggiunti links a siti web e fotografie, molte provenienti dall'archivio personale.
(Nota 1)

 

La presente pagina riporta in breve e per sommi capi la biografia tratta dal volume menzionato.
Nei capitoli successivi indicati nel menu qui sopra, è riportato il testo integrale del sopracitato volume.

 

Figlio del Generale Giovanni Battista e di Maria Teresa Saredo, nasce a Roma nel 1909 dove frequenta, dalle elementari al liceo, l'istituto Massimiliano Massimo retto dai Padri Gesuiti, distinguendosi per disciplina e profitto in tutte le materie.
Terminati gli studi classici si iscrive alla facoltà di ingegneria di Roma a S. Pietro in Vincoli, non tanto per convinzione, ma piuttosto per assecondare l'entusiasmo del momento, per diventare ingegnere aeronautico, e cioè per seguire quell'inclinazione o tradizione famigliare che aveva portato molti antenati ad essere ingegneri militari e suo padre addirittura il fondatore dell'aeronautica militare nella I guerra mondiale. 
Tuttavia rendendosi conto "di non sapere disegnare neppure una 'O' col bicchiere..." abbandona gli studi tecnici per affrontare materie a lui più congeniali.
Si iscrive quindi alla facoltà di Scienze Economiche dove tra gli altri frequenta con entusiasmo i corsi dei due professori che più ammira, il Prof. Bachi ed il Prof. De Stefani.
Laureatosi nel 1931 in scienze economiche e nel 1933 in scienze politiche, con 110 e lode in ambedue le discipline, si

trova senza una sistemazione e senza mezzi (nel 1933 era morto suo padre). Decide allora, su suggerimento di un compagno di studi che si stava preparando ad affrontare il Concorso diplomatico, di tentare quella strada. Tanto più che in famiglia c'era già stato un diplomatico, uno solo, all'epoca della Repubblica di Venezia...
E' così che nel 1935 vince il concorso per 10 posti nella carriera diplomatico-consolare, piazzandosi terzo su oltre 250 partecipanti.
Come primo incarico è destinato all'ufficio Cerimoniale
ad occuparsi dell'organizzazione di viaggi di personalità straniere in visita in Italia, dei privilegi dei diplomatici, e del ristretto bilancio dell'ufficio.

Passa poi alla Segreteria del Capo di Gabinetto del Ministro degli Esteri, ambasciatore Aloisi, in seguito sostituito da Filippo Anfuso.
Ha modo di
partecipare prima della guerra a missioni diplomatiche in Austria, Ungheria, Albania, Iran e Germania. E' così che segue da vicino avvenimenti che hanno fatto la storia come il viaggio del Duce a Berlino, la firma del Patto d'Acciaio, la dichiarazione della guerra ecc.
Nel gennaio 1942 sposa Marina degli Albizzi, figlia di Giorgio, Colonnello delle guardie dello Zar, discendente da una antica famiglia fiorentina, nata a Zarskoje Selo (Russia) e fuggita con la madre e la sorella da S. Pietroburgo nel 1918. Testimone di nozze fu il duca di Spoleto.

 

MARINA DEGLI ALBIZZI,
figlia di Giorgio, Colonnello dei Corazzieri dello Zar, discendente da una antica famiglia fiorentina trasferitasi in Russia, e di Marika Korolkoff originaria di Penza nella Russia occidentale.
Dopo i primi moti della rivoluzione bolscevica, Giorgio lascia
San Pietroburgo (allora Pietrogrado) ed il suo reggimento di Corazzieri per raggiungere un reggimento della Cavalleria Circassa in Caucaso. Marika decide di seguirlo con la famiglia composta dalla figlia Ina e dalle due nonne, Caterina Akinfoff e Lidia Obuchoff, accompagnata da vari servitori, quattro donne di servizio e da due circassi con i cavalli.

La prima tappa è Batalpaschinsk dove nasce Marina il 16 luglio 1918. Da qui di città in città comincia l'odissea della famiglia che per più di due anni attraversa la Russia al seguito dell'Armata Bianca fino in Crimea, vendendo e facendosi derubare di tutto ciò che aveva portato con se.  Alla fine Marika resta sola con le due figlie di 2 e 6 anni e Real, il suo cavallo arabo dal mantello grigio in groppa al quale giunge sul Mar Nero a Novorossiysk da dove s'imbarca sulla nave che la porterà a Costantinopoli e poi a Napoli. Alla partenza il fido Real, che era stato venduto ad un ingegnere delle ferrovie, si getta in mare dietro al piroscafo ed è abbattuto con una fucilata.

Giorgio degli Albizzi alla fine del 1920 viene ucciso in una delle ultime battaglie che vedrà il massacro di quello che rimaneva dell'Armata Bianca ad opera dei Rossi.
In Italia le tre profughe vengono accolte dai Principi Borghese (fu grazie al loro interessamento che esse poterono partire dalla Crimea) i quali si assumono l'onere di educare e mantenere Ina, la maggiore delle sorelle. La sorella minore con sua madre (che morirà di tisi all'età di 33 anni) vengono invece accolte a Monaco di Baviera dai cugini, duchi di Leuchtenberg, con i quali Marina resterà fino al definitivo trasferimento in Italia nel 1938.
Fino al 1942 anno in cui si sposa, si manterrà esercitando la professione di infermiera crocerossina in ospedali di Bologna e Napoli.

Donna di forte personalità e carisma, ha sempre seguito il marito nelle sue missioni all'estero, allevando tre figli ed adempiendo al suo ruolo di rappresentanza in modo esemplare. E' deceduta nel febbraio 2009 all'età di 91 anni.

Giorgio degli Albizzi

Marika su Real nel 1915

Livia Borghese a Roma con Ina 7 anni e Marina 3 anni

Marina Crocerossina nel 1938

Tutta la famiglia a Roma nel 1947

A Buenos Aires 1952

 

Nel 1942 è nominato viceconsole a Ginevra dove, per incarico ufficioso del Duca di Spoleto, entra in contatto con gli alleati per tentare di iniziare segrete trattative di armistizio. Le condizioni richieste dagli inglesi portarono in lungo la trattativa - della quale era al corrente anche il Principe Umberto - che continuò praticamente senza risultati fino alla costituzione del governo Badoglio.

Marieni ebbe l'impressione che da parte britannica si preferisse mandare a monte le trattative, perché l'Italia uscisse completamente distrutta dalle ostilità e che la "resa senza condizioni" fosse inevitabile e già decisa.


Poco dopo l'8 settembre 1943, per attriti nei confronti del console generale a Ginevra
ottiene di essere trasferito al Consolato di Coira, nei Grigioni, rimasto senza reggente, perché il titolare aveva aderito alla Repubblica di Salò.
Data la penuria di mano d'opera in Svizzera, conseguenza del richiamo degli svizzeri sotto le armi, tesse accordi con le autorità cantonali e centrali per poter dare un lavoro retribuito ai rifugiati e profughi in fuga dall'Italia, tra i quali molti militari fedeli al Re che non volevano essere arruolati dai nazifascisti, molti ebrei, ma anche valligiani in fuga dalla carestia e civili noti per la loro attività antifascista che non potevano più nascondersi in Patria.
Inizia in questo periodo la collaborazione con Allen Dulles
capo dell'OSS per la Svizzera e competente anche per l'Italia e la Germania. Con lui ha frequenti contatti ed anche aspri confronti nel tentativo di dissuaderlo dal progetto di distruggere le dighe della Valtellina - serbatoio di energia per l'industria attorno a Milano - perchè quel sabotaggio avrebbe causato perdite umane incalcolabili fra la popolazione a valle delle dighe.
Convince infatti Dulles a ripiegare su operazioni meno spettacolari, ma altrettanto efficaci miranti ad interrompere in più punti ed a varie riprese gli elettrodotti, azioni che avrebbero dovuto essere portate a compimento dai partigiani della Valtellina, ma che fortunatamente non furono più necessarie perchè nel frattempo era intervenuta la resa dei tedeschi e la fine delle ostilità.


Dal 1945 rientrato a
l ministero a Roma, viene chiamato ad occuparsi dell'Europa orientale comunista dall' allora Consigliere d'Ambasciata Maurilio Coppini che dirigeva l'Ufficio II degli Affari Politici. Quando Coppini viene destinato a Vienna, Marieni diventa reggente dell'ufficio.

E' in questa funzione che deve accompagnare una delegazione di ufficiali sovietici dell' Ambasciata di Mosca a Roma al campo di internamento di Lipari, ove erano raccolti i russi bianchi e cosacchi che avevano combattuto nell'esercito di Vlasov contro l'URSS e che i Sovietici volevano far rimpatriare. La missione dei russi fu un insuccesso perchè nessuno si lasciò convincere dalle loro lusinghe e così quei disgraziati scamparono al massacro che li attendeva in patria, massacro che non fu risparmiato invece ai prigionieri degli inglesi che essi rimpatriarono d'ufficio.

E' poi trasferito alla Direzione Generale Affari Politici quale reggente dell'Ufficio I, il più importante perché si occupava dell'Europa Occidentale e del Nord America.

 

Nel giugno del 1944, dopo la liberazione di Roma, Vittorio Emanuele III nomina il figlio Umberto II di Savoia Luogotenente generale del Regno. Umberto ha prerogative di capo dello Stato senza tuttavia possedere la dignità di re, che resta in capo a Vittorio Emanuele III.
Il Luogotenente ha la piena fiducia degli Alleati grazie alla scelta di mantenere la monarchia italiana su posizioni filo-occidentali.
Umberto firma il decreto legislativo luogotenenziale 151/1944, che stabilisce che dopo la liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali sarebbero state scelte dal popolo italiano, che a tal fine avrebbe eletto a suffragio universale un'Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato dando per la prima volta il voto alle donne. La luogotenenza dura fino al 9 maggio 1946 cioè fino alle dimissioni di re Vittorio Emanuele III.

Un giorno dell'inverno 1946, chiamato dal Ministro Baldoni, Capo del Personale, gli viene offerto di andare al Quirinale quale funzionario di collegamento col Ministero degli Esteri, in quanto colui che copriva quell'incarico, in vista del prossimo referendum istituzionale Monarchia/Repubblica, si era fatto trasferire all'estero. Egli accetta.

Il suo incarico consiste nel sottoporre al Principe Umberto di Savoia, nominato dal Re Luogotenente del regno, le numerose richieste di udienza, di fissarne la data e di portargli, ed eventualmente illustrargli i telegrammi ed i rapporti dall'estero che il Ministero riteneva di fargli vedere. Ebbe così modo di notare che il Principe era un uomo capace, di pronta e vivace intelligenza e di notevole cultura che si teneva molto bene informato di tutto. Ma lo colpì e preoccupò la rassegnazione del Principe su ciò che il futuro gli riservava; sembrava un vero Cireneo che portava la croce per peccati non suoi. Malgrado ciò, a suo giudizio sarebbe stato un ottimo Capo dello Stato anche come Presidente della Repubblica.

Rimane accanto al Re sino alla sua partenza da Ciampino con un aereo militare per l'esilio di Lisbona.
Torna al Ministero, e qualche settimana dopo il Segretario Generale Ambasciatore Franzoni gli comunica la nomina, nonostante il suo grado ancora basso, a suo stretto collaboratore quale Capo Ufficio coordinamento della Segreteria Generale.
Compito dell'Ufficio era quello di distribuire il lavoro, i telegrammi e i rapporti che provenivano dall'estero, fra i vari uffici del Ministero secondo le loro rispettive competenze e controllare che rispondessero tempestivamente alle richieste delle Rappresentanze all'estero, secondo le istruzioni del Segretario Generale. Attività molto interessante perché coinvolgeva tutto il lavoro della diplomazia italiana. Erano quelli i tempi in cui in Europa, risollevata dagli americani grazie al piano Marshall, cominciava il lavorio diplomatico per la cooperazione europea ed un eventuale Mercato Comune presso l'Organizzazione per la cooperazione economica europea a Parigi e per l'istituzione di organismi europei come la Comunità del Carbone e dell'Acciaio, dell' Euratom ecc. che vedranno la luce alcuni anni dopo.


Il 1948 è l'anno delle elezioni che furono una gran vittoria dell'anticomunismo. Non fu solo il merito del Governo della ricostruzione e della Democrazia Cristiana, ma soprattutto del Prof. Gedda, Presidente dell'Azione Cattolica e creatore dei Comitati civici che fecero una propaganda molto intelligente ed assidua, sfruttando bene i timori diffusi fra gli elettori. A questa azione collaborarono attivamente alcuni amici funzionari del Ministero degli Affari Esteri tra di essi Marieni e il compagno di concorso Pasquale Prunas, Capo di Gabinetto di Sforza.

 

Nel 1948 è destinato al Sud Africa, ma per una grave malattia di sua madre deve rinunciare non potendo lasciarla sola e andare così lontano. Approfitta invece del fatto che il Ministro Prina Ricotti lo richiede come Primo Segretario alla Legazione di Atene con l'appoggio del Segretario Generale Ambasciatore Zoppi. Erano tempi bui per quel Paese dilaniato dalla ribellione comunista e dove Atene era praticamente assediata dalle bande armate di Marcos aiutate e armate dall'URSS e particolarmente dalla Yugoslavia di Tito.
Qui lavora per liberare 12 nostri "criminali di guerra" condannati subito dopo lo sbarco degli inglesi "ab irato" dai tribunali popolari della resistenza.
Tra di essi, certamente innocenti perché le nostre truppe a differenza di quelle tedesche non avevano compiuto crimini di guerra né in Grecia né altrove, c'era il Consigliere di Prefettura, Dr. Giovanni Ravalli, divenuto in seguito Prefetto di Palermo e poi di Roma.

In quel periodo, primavera del 1949, muore ad Atene sua madre dopo una violenta crisi cardiaca.


Nel 1950 viene trasferito come primo segretario all'ambasciata di Buenos Aires retta da un ambasciatore non di carriera, ma di nomina politica, Giustino Arpesani col quale, dopo le iniziali diffidenze si trova invece molto in sintonia. Poco dopo è nominato Consigliere d'ambasciata. E' il periodo della dittatura peronista
che riuscirà a modernizzare l'Argentina con lo sviluppo economico che comporta la costruzione di strade, l'avvio dell'industria e con la diversificazione della produzione interna fino ad allora prettamente agricola gestita da latifondisti  che prediligevano la monocoltura. Ha modo di assistere alla caduta e alla scomparsa in quegli anni della egemonica influenza della Gran Bretagna in Argentina e in tutta l'America latina e lavora alacremente perchè le industrie e le ditte italiane ottengano le commesse perse dagli inglesi.


Nel 1954 viene inviato come Consigliere d'ambasciata a Tokyo ma di fatto svolge per lunghi periodi le mansioni di incaricato d'affari a causa della difficoltà del Ministero a nominare un ambasciatore. Nessuno infatti gradiva restare così lontano dal centro del potere di Roma per troppo tempo.
Il Giappone era allora dominato da
grande miseria provocata dalla guerra e dalla sconfitta. Sarà la guerra di Corea a segnare l'inizio dello sviluppo economico ed a far risorgere il paese. Infatti era stata riorganizzata l'industria che lavorava in pieno per fornire di tutto il necessario l'esercito americano che combatteva per le Nazioni Unite e trovava più conveniente rifornirsi in Giappone che far giungere tutti i materiali di cui abbisognava dai lontani Stati Uniti.

 

Nel 1958 rientra a Roma ed è nominato ministro plenipotenziario e Vice Direttore Generale degli Affari politici con la supervisione e responsabilità degli uffici che si occupano dei Paesi di oltre Cortina, dei Paesi asiatici, dei Paesi latino-americani, oltre ad un altro piccolo ufficio che si occupa delle relazioni con la Santa Sede e con San Marino.

In quegli anni viene inviato per tre volte a New York all'ONU, per rinforzare la Delegazione italiana in occasione delle Assemblee dell'Organizzazione col compito di curare che le delegazioni latinoamericane e dei Paesi "emergenti" votassero possibilmente a favore delle mozioni italiane, in occasione di decisioni concernenti l'Alto Adige e le ex-Colonie.

Erano quelli i tempi che denotavano una grande attività del comunismo e si vedevano i primi accenni dei tentativi di sovversione e di terrorismo. Vi era evidente la mano di Mosca. Già allora i servizi informativi dei maggiori Paesi della Nato avevano lanciato l'allarme, portato a conoscenza di tutte le competenti autorità.

 

Nel 1960 il Ministro degli Esteri Segni, lo nomina Capo del Servizio Stampa e Informazione del Ministero. Viene così a contatto con moltissimi giornalisti per alcuni dei quali serberà sempre grande stima. La sua funzione lo porta a seguire il Ministro degli Esteri in tutti i suoi spostamenti e di ricevere tutte le personalità politiche e diplomatiche che incontra l'On. Antonio Segni per poi emettere i comunicati ufficiali relativi agli incontri.

 

Quando l'On. Segni lascia il Ministero degli Esteri (maggio 1962) per passare al Quirinale, Marieni è nominato Rappresentante Permanente al Consiglio d'Europa con titolo e credenziali di Ambasciatore.

Il compito principale del Consiglio d'Europa consisteva allora nel costituire il collegamento fra i sei Paesi fondatori della Comunità Europea (CEE o Mercato Comune) e i sette Paesi dell'Area del libero scambio, detta Efta, comprendente Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Irlanda, Austria e Svizzera. Oltre che servire da trait-d'-union fra i due gruppi economici europei, il Consiglio d'Europa doveva prendere l'iniziativa sulle convenzioni che portassero alla crescente armonizzazione delle legislazioni dei vari Paesi senza le quali non si sarebbe mai pervenuti ad una unificazione europea.
A fianco del Consiglio d'Europa era stata costituita la Corte dei diritti dell'uomo alla quale l'Italia allora aveva aderito in un primo momento solo per le controversie che nascevano fra gli Stati
.
A Strasburgo si riunisce oltre all'
Assemblea consultiva del Consiglio d'Europa anche semestralmente il Parlamento europeo e pertanto ad ogni sessione dell'una e dell'altra istituzione è un via vai di parlamentari e uomini politici che fanno spesso riferimento al rappresentante permanente.

Durante il suo mandato Marieni deve tra le altre cose gestire la difesa verso il ricorso dell'Austria contro l'Italia alla Corte dei Diritti dell'Uomo per i fatti di Fundres dove alcuni giovinastri altoatesini avevano massacrato con sassi e bastoni una guardia di finanza inerme che stava bevendo un caffè in un bar. Gli inquisiti risultati colpevoli furono condannati a vari anni di carcere dai nostri Tribunali. L'Austria citò l'Italia davanti alla Corte dei Diritti dell'uomo sostenendo che il giudizio non era stato equo e che la Corte era prevenuta.
Consiglio d'Europa, dopo essere stato l'antesignano del Movimento di cooperazione europea, andava perdendo vigore e importanza. Vigeva poi una teoria tra i diplomatici e cioè che le Organizzazioni internazionali dopo dieci anni di esistenza entrassero necessariamente in crisi! C'era, in questo, molto di vero almeno per quanto riguardava il Consiglio d'Europa, l'Euratom (Comunità europea per l'energia atomica) e per la CECA (Comunità per il carbone e l'acciaio) ormai praticamente confluiti nella CEE e soprattutto per l'ONU di New York.

Per queste ragioni Marieni desidera essere trasferito in una Ambasciata vera, dove poter rappresentare l'Italia presso uno stato sovrano. Esprime le sue perplessità e desideri al Ministro degli Esteri Fanfani durante una sua visita a Strasburgo il quale dandogli ragione risponde che ci avrebbe pensato lui. Infatti dopo qualche giorno il suo Capo di Gabinetto lo chiama per offrirgli l'ambasciata in Finlandia che egli assume dal gennaio 1967.
 

La Finlandia era il Paese ideale per conoscere meglio quanto avveniva nell'impero russo e nei dipendenti Paesi comunisti. Infatti i Finlandesi per lunga consuetudine e per il contatto con il temibile vicino, conoscevano e interpretavano alla perfezione il suo carattere e le sue intenzioni. Per di più i finlandesi avevano dovuto cedere delle parti del loro territorio e quindi le relative popolazioni erano diventate una fonte di utili informazioni. Approfittando della vicinanza tra i due paesi l'Ambasciatore Marieni ha così modo di compiere varie visite in URSS e viaggiare in alcuni paesi dell'Est Europa e conseguentemente scambiare punti di vista e opinioni con vari colleghi di oltrecortina e di rendersi conto di persona delle condizioni di vita e delle aspirazioni di quelle popolazioni.

Durante il periodo passato a Helsinki avvengono due solenni visite di Stato: una del Presidente dell'URSS Podgornyj, membro del triumvirato presieduto da Breznev che allora governava quel Paese, e l'altra del Re e della Regina del Belgio. E come al solito i ricevimenti ufficiali che accompagnano questi eventi sono occasione di importanti incontri e colloqui privati più o meno informali tra i membri delle rispettive delegazioni ed i funzionari delle ambasciate.

Il Presidente della Finlandia Uhro Kekkonen è invitato a compiere una visita di Stato in Italia naturalmente organizzata dall'Ambasciata di Helsinki. Gli incontri con le istituzioni e personalità italiane, culminate con la visita della delegazione finnica al Presidente della Repubblica Saragat, furono ritenuti da ambo le parti molto interessanti e proficui.

Nella primavera del 1971 su invito del Governo finlandese Presidente del Consiglio Moro viene a sua volta in visita ufficiale in Finlandia dove ha colloqui ed incontri con personalità di alto livello dell'economia, della finanza e della politica di quel paese.


Nel 1971 viene
offerta all'ambasciatore Marieni la sede di Algeri che egli accetta e raggiunge nell'ottobre del 1971.
L'Algeria era uscita dalla guerra d'indipendenza con la Francia da appena circa un decennio ed iniziava negli anni settanta a sviluppare lo sfruttamento delle risorse petrolifere. Era l'epoca in cui tutti i paesi cercavano di ottenere contratti di fornitura di gas e petrolio e l'ENI non poteva lasciarsi precedere da troppi concorrenti. In quegli anni vengono anche messe le basi per la costruzione del gasdotto che dall'Algeria e la Tunisia attraverso il mediterraneo raggiungeva la Sicilia e che permise all'Italia nei decenni successivi di avere un'alternativa all'approvvigionamento di gas russo.

 

All' inizio del 1973 è promosso Ambasciatore, il massimo grado della carriera diplomatica; fino ad allora ne aveva avuto solo l'incarico e le funzioni.

Nel giugno si dimette dall'incarico e, rimasto ad Algeri per chiudere gli affari correnti ed effettuare le consegne al suo successore, torna ad ottobre di quell'anno a vita privata nella sua villa di Bergamo.

 

A Bergamo prende parte attiva alla vita culturale e sociale della città. Viene cooptato alla Comissaria dell'Accademia Carrara, assume la presidenza della locale sezione della Soc. Dante Alighieri, fa parte del Rotary club Bergamo Est, è presidente del Flora Garden club locale ecc.

Dopo pochi anni, nel 1976 inizia a raccogliere appunti sui suoi ricordi in vista della stesura di un libro scritto sostanzialmente perchè i suoi discendenti non dimentichino la storia più recente della famiglia e contemporaneamente ricevano il suo testamento morale il cui senso traspare fin dall'introduzione e dalle prime pagine del volume.

Quest'attività viene interrotta bruscamente nel 1977 a causa di un infarto che lo limiterà per un paio d'anni. Recuperata perfettamente la salute riprende la preparazione delle sue memorie fino ad arrivare alla stesura della bozza definitiva. Tuttavia, prima a causa di un'ischemia celebrale e poi di un tumore, non riesce ad avere la soddisfazione di vedere il volume pubblicato. La sua opera portata in stampa a malattia già avanzata, vedrà la luce proprio nei giorni della sua morte che avviene nella sua villa di Bergamo il 16 gennaio 1992.
 

_________

Nota 1

 

RICORDI DI UN DIPLOMATICO - Dal Fascio allo sfascio

INTRODUZIONE (pag 5-12)
Questo volume non ha né pretese artistico - letterarie, né si prefigge di fare la storia di un periodo che, bene o male, è già stato descritto molte volte, né vuole essere un libro di memorie autobiografiche: troppi diari ed opere simili sono stati scritti da diplomatici di vari Paesi e pochi hanno suscitato un particolare interesse per la loro originalità. Basti pensare alle memorie di tanti Ambasciatori inglesi ed americani succedutisi a Pietroburgo o a Mosca, prima, durante e dopo la rivoluzione e le due guerre mondiali. Pochi han saputo darci qualche previsione o il senso di quello che stava accadendo in un'epoca tanto tribolata: solo un po' di cronaca e qualche pennellata di colore.
Unico scopo del presente scritto è quello di riportare le impressioni, i ricordi di una famiglia ed in particolare di un uomo, appartenente ad una delle generazioni più provate dalla storia del nostro Paese, il quale, nella sua veste di diplomatico, ha potuto assistere a molti avvenimenti ed avvicinare alcuni dei protagonisti di tale epoca sciagurata. L'intento prevalente è quello di dire la "verità" in relazione ad avvenimenti direttamente vissuti o uditi raccontare da qualche protagonista; lanciare una denuncia delle nostre condizioni morali e politiche e cioè della corruzione dilagante che minaccia di sommergere l'Italia e di assimilarla ad un Paese balcanico o sud-americano.
Forse è una presuntuosa illusione, ma potrebbe essere di qualche utilità denunciare fatti e responsabilità che sono stati all'origine di molte nostre tribolazioni.
                                                                                         ***
L'attuale corruzione politica e amministrativa nel nostro Paese, ha avuto inizio con la caduta della "Destra" piemontese e l'avvento della "Sinistra", in particolare con l'invasione delle cariche e degli uffici dello Stato da parte di elementi rappresentanti una piccolissima borghesia senza tradizioni, famelica ed impreparata, in quanto tenuta per secoli lontana dalle cose pubbliche e dagli alti impieghi e quindi bramosa di "rifarsi", travolgendo le intelaiature e le regole morali vigenti. La maggior parte di questa nuova borghesia proveniva dagli ex Stati Pontifici e dall'Italia centrale e meridionale. Della Destra piemontese tutto si può dire, che era miope o troppo conservatrice, che non ha forse sempre prodotto personalità di prima grandezza o geni politici, ma bisogna tuttavia riconoscere che i suoi componenti potevano dirsi veri e leali servitori dello Stato e della Patria.
Con la Sinistra e il conseguente allargamento dell'Amministrazione per l'apertura a nuovi elementi, comincia purtroppo la corsa degli arrivisti e lo spadroneggiare delle varie Massonerie che in Italia hanno avuto, quasi sempre, l'aspetto di "mafia", "Cosa nostra", organizzazioni di mutuo soccorso, per agevolare e proteggere i carrieristi e permettere speculazioni ed affari più o meno puliti.
Una seconda e più forte ondata di corruzione arrivò al tempo della quasi ventennale semi-dittatura di Giolitti. Tutte le persone "fidate" detenevano gli alti posti della burocrazia.
I prefetti, veri satrapi delle provincie, erano onnipotenti, manipolavano elezioni, compravano voti ecc.
Nell'Esercito la corruzione si affermava e perveniva a livelli preoccupanti, basti pensare alle fortune del nefasto Badoglio e della sua cricca che dipendevano in gran parte dalla Massoneria, dall'appoggio di Orlando ed dalla tolleranza del Sovrano. Lo Stato Maggiore divenne feudo di gente ignorante e servile al "Capo", professionalmente inetto e senza alcuna cultura, ma furbo e ambizioso, falso e dittatoriale. Egli si attorniava di generali in parte provenienti dalla bassa forza, promossi spesso e decorati non per meriti bellici o professionali, che non esistevano, ma per i "bassi" servizi a lui resi. È noto a tutti come Badoglio, che nella prima guerra mondiale avrebbe dovuto essere deferito alla Corte Marziale per le sue gravissime colpe nel disastro di Caporetto, ebbe l'abilità, attraverso le sue amicizie politiche e massoniche di ... farsi promuovere Vice Capo di Stato Maggiore! Uno dei più gravi errori del Re e di Mussolini fu di non averlo sbarcato d'urgenza e così l'Italia e il suo Esercito si avviarono ad altri e più gravi disastri!
Durante il Fascismo vi furono, certamente, vari episodi di corruzione, ma il regime, deleterio per avere portato l'Italia alla sconfitta ed alla rovina con i suoi imperdonabili errori e per l'alleanza con la Germania nazista, dal punto di vista della Amministrazione corrente della cosa pubblica era, nel complesso, molto meno corrotto dei precedenti governi, e soprattutto di quelli successivi e comunque più onesto di quanto si vuol far credere oggi.
Gli "intrallazzi" di allora erano niente al confronto di quello che avvenne più tardi! In molti dirigenti c'era ancora del senso del dovere, del patriottismo. La prova ne sia che la famosa epurazione voluta dagli antifascisti saliti al potere trovò ben poco riscontro di illeciti arricchimenti o "profitti di regime".
Per quanto concerne Mussolini, ad esempio, dopo i suoi ventidue anni di dominio assoluto e incontrastato dell'Italia, si trovò, in tutto, un podere di ... sette ettari e la "Rocca delle Camminate", donatagli per sottoscrizione e ridotta ormai ad un cumulo di macerie. Verità è che la sua vedova ha fatto per parecchio tempo la fame.
La corruzione massima arriva in Italia con la nuova democrazia: al contrario di ciò che dovrebbe essere, nel nostro Paese democrazia per i più è sinonimo di licenza, di fare il proprio comodo. Tutta la gente rimasta lontana dalla cosa pubblica per vari motivi, e non solo per ragioni politiche, si lancia all'assalto della diligenza statale perché lo Stato è considerato la vacca da mungere. Molti funzionari, allontanati dal regime per "insufficiente rendimento" o per disonestà si fanno passare per provati antifascisti e tutti sono reinseriti senza discriminazione e con promozioni: si è proceduto così alla "ricostruzione delle carriere"!
De Gasperi, come Mussolini, non era un conoscitore di uomini, dal momento che sosteneva che un uomo vale l'altro. Gravissimo errore! Quante serpi, povero uomo, si è scaldato in seno! L'assalto alla cosa pubblica è divenuto da allora generale. Quasi tutti i Ministri conservano attività lucrative inammissibili da parte di amministratori del pubblico denaro. Persino Presidenti di Repubblica, o i loro stretti parenti ed amici, si sono dati agli affari e alle speculazioni, pur attaccando ferocemente e ad ogni pie sospinto... i "capitalisti e i monopolisti" ed atteggiandosi ad uomini di sinistra!
Evviva sempre la forma monarchica dello Stato!
Alcuni benemeriti scrittori e giornalisti denunciano di tanto in tanto lo scempio che si fa del Paese; nessuno li ascolta; li si lascia dire: la libertà di stampa non serve più a nulla! Alcuni dei maggiori giornali e riviste non accettano di pubblicare critiche al sistema! I funzionari delle pubbliche Amministrazioni sono stati moltiplicati per tre con l'assunzione dei clienti dei vari Ministri, Sottosegretari e Deputati.
Ho potuto vedere di persona la segreteria particolare di un Sottosegretario agli Affari Esteri composta di ben 52 impiegati, pagati dallo Stato, che si occupavano soltanto di raccomandazioni e della corrispondenza con gli elettori e i clienti dell'onorevole!
Si arriva così ai deficit cronici dei bilanci pubblici oberati da tanto personale assolutamente improduttivo.
Altro formidabile "carrozzone", come noto, è quello degli Enti parastatali e delle partecipazioni statali. Tutti i posti direttivi e gli impieghi piccoli e grandi sono equamente suddivisi fra i Partiti al Governo, senza tenere nel minimo conto il rendimento e le capacità e le qualificazioni delle persone. Il sottobosco si sviluppa e avviluppa l'Italia. Le Società a partecipazione statale sono pessimamente amministrate e cronicamente passive e organizzate in modo preistorico. Ma che importa?
Il Ministero degli Esteri, l'organo che meglio conosco per averci passato quasi 40 anni, era riuscito per molto tempo a salvarsi: la compagine e la serietà della "Carriera", persino durante il Fascismo e la guerra, avevano in gran parte resistito alla bufera. Molti diplomatici italiani non erano forse brillantissimi, ma nessuno poteva mettere in dubbio la loro onestà, il loro senso del dovere e la loro devozione alla Patria.
Ora invece ...
I funzionari oggi fanno rapida carriera solo se hanno poca dignità e nessuna iniziativa, se sono legati a qualche uomo politico o ad un Partito di massa dominante e soprattutto se dimostrano sempre obbedienza cieca e devozione servile al "Capo" del momento. La preparazione e le capacità professionali non contano: bisogna essere... furbi e "portaborse" di qualche potente. Gli onesti, quelli che mantengono un certo riserbo e non si iscrivono ai Partiti, ritenendo che ciò sia contrario alla loro funzione di Rappresentanti di tutto il Paese e si preoccupano solo del servizio e del buon andamento dell'Amministrazione, sono derisi o trascurati.
Guai poi se uno in base alla sua correttezza e disinteresse viene definito dai suoi colleghi "un signore". Tale qualifica equivale a "poco capace", in quanto da noi si confonde intelligenza e capacità con carrierismo e arrivismo. Peggio ancora se ha la disgrazia di scoprire qualche "intrallazzo" e disonesta speculazione e non tace! L'individuo è perduto! Quanto sopra avviene purtroppo, e ancora in maggior misura, in tutte le altre carriere ministeriali.
Rimane per ora in Italia una sola istituzione ancora in gran parte sana, anche se comincia a verificarsi qualche infiltrazione ed infezione come alcuni casi recenti, e poco edificanti, hanno dimostrato. Essa è l'Arma dei Carabinieri. Nelle mani degli uomini che fanno parte di questo organismo sarà il destino, l'avvenire, la salvezza d'Italia. Esso deve essere ostinatamente incorruttibile e colpire il più duramente possibile, e senza pietà, la corruzione e la disonestà da qualunque parte esse vengano. Se farà così salverà la Patria, se sarà troppo duttile e tollerante contribuirà alla sua perdita e distruzione.
I politicanti dei vari Partiti paventano ora questo baluardo che resiste alle loro malefatte e pertanto stanno tentando in tutti i modi di introdurre delle "riforme".
L'opinione pubblica italiana e soprattutto il popolo minuto è disgustato da quello che vede; non crede più nelle istituzioni e nei partiti; comincia purtroppo a disprezzare Parlamento e Governo perché pieni di incompetenti, di affaristi, di cialtroni e di parolai. Sono gli uomini di partito che vilipendono e diffamano le istituzioni democratiche preparando il caos. Si arriva al paradosso che alcune persone moderate di una certa cultura ed anche oneste si sono messe a votare ... il Comunismo. È una reazione di protesta stupida e illusoria.
Una parte della colpa di tutto questo deve essere attribuita, purtroppo, anche al Vaticano ed ai suoi errori politici, oltre che ai cattolici italiani.
Si badi bene: chi scrive è un cattolico convinto e praticante, non ateo né anticlericale. Cattolico per convinzione, per tradizione familiare, per educazione (12 anni di studi presso i Gesuiti) e per sentimento, che crede nei dogmi e nella infallibilità del Pontefice Romano per quanto riguarda Fede e Morale, ma non per quanto riguarda la politica! Quanti guai per l'Italia e quante perdite per la Fede hanno arrecato la mediocrità di alcuni Pontefici e i gravi errori della Curia Romana!
Il più grave e ripetuto di questi errori fu quello di chiamare attraverso i secoli in Italia dei Barbari per cacciarne altri o per impedire la riunificazione politica della Penisola. Quante volte si è ripetuto questo giuoco da Carlomagno a Napoleone III !
Altro errore fu quello di avversare il Risorgimento e il movimento ineluttabile e necessario dell'Unificazione d'Italia e ancor più di perseguitarne con armi spirituali gli artefici ed i fautori! L'anticlericalismo inveterato e il trionfo della Massoneria sono in parte conseguenza di tali errori!
La Curia Romana avrebbe dovuto invece benedire, nel suo stesso interesse e in quello della Cristianità, i creatori e difensori dell'unità nazionale italiana perché essi hanno liberato la Chiesa dal pesante fardello del potere temporale causa di eventi nefasti per il suo prestigio. È noto che il potere temporale ha spesso deviato la Chiesa dal perseguire i vari scopi per cui è stata creata e cioè la predicazione del Vangelo di Cristo.
Fatto si è che solo dopo il 1870 si assiste allo sviluppo continuo e organico delle Missioni cattoliche nel mondo — che prima erano ben poca cosa — ed alla riconquista del prestigio e dell'influenza morale della Chiesa. Quanti secoli hanno sprecato i Papi a perseguire scopi mondani e terreni invece di seguire solo i comandamenti del Vangelo!
Senza potere temporale non ci sarebbe stato forse nemmeno lo scisma protestante. Ma a Roma si comincia solo ora ad ammetterlo!
Il terzo grande errore, per quanto concerne l'Italia, fu la politica del "non expedit" dopo la presa di Roma, che ha impedito ai cattolici di partecipare alla vita politica del Paese unificato. Conseguenza tristissima ne fu — al contrario di quanto avviene negli altri Paesi d'Europa e del mondo ove i veri Cristiani sono il più sicuro sostegno dello Stato ed i migliori cittadini — la trasformazione dei Cattolici italiani in ribelli (in parte, ancora oggi, alcuni dei più sprovveduti considerano lo Stato un nemico da abbattere mentre si dicono sostenitori delle regioni e di grandi federazioni supernazionali).
La politica del "non expedit" ha impedito la creazione di una classe dirigente politica sana e capace, centrata appunto sui cattolici che nel nostro Paese sono la grande maggioranza, trascurandone, tra l'altro, l'educazione civica e la fierezza nazionale.
Sono stati arrecati danni irreparabili alla Fede, alienando da essa milioni di probi cittadini e buoni patrioti. Il Vaticano si metteva nelle mani della Francia repubblicana e laica pur di avversare Casa Savoia ... usurpatrice!
Uno degli errori più recenti, anch'esso grave per le conseguenze che provoca, se pure in minor grado, è stato quello di permettere che un partito politico, coacervo di interessi privati, alle volte anche poco confessabili, mosaico di tendenze le più diverse e contrastanti, si chiamasse "cristiano". A parte il fatto che il cristianesimo non può essere monopolizzato da un singolo partito politico, cristiano è un nome troppo angusto per servire da etichetta ad organizzazioni molto terrene e coprire spesso merce di contrabbando!
La politica è purtroppo sovente la meno pulita delle attività umane, perché allora sfruttare il sentimento e il nome di cristiano per fornire sgabello e scala, "instrumentum regni" ad ambizioni sfrenate e ad appetiti di dominio?
Non si è ancora compreso che le masse sprovvedute fanno risalire alla Chiesa e per sino alla religione le colpe e gli errori o le mancanze degli uomini di questo partito che — oltre tutto — di cristiano ha spesso molto poco, per lo più solo una vernice esteriore di baciapilismo e di genuflessioni!
Comunque la somma di tutti questi errori ha fatto sì che i cattolici italiani non abbiano potuto contribuire efficacemente alla costituzione di una classe dirigente degna di questo nome, se si escludono i pochissimi cattolici liberali del Nord per lo più provenienti da famiglie dell'alta borghesia e della aristocrazia e perciò "ipso fatto" considerati, anche se non lo erano, come dei tradizionalisti e dei conservatori.
Anche ai cattolici risale così, in parte, la responsabilità della mancata educazione civica e dell'espandersi della corruzione. Anche da parte di alcuni di essi dopo la prima guerra mondiale con il "Partito popolare" e dopo la seconda con la Democrazia vi è stato l'assalto alla diligenza del potere. Si è trattato per lo più dell'elemento cattolico deteriore e cioè impreparato e ultra provinciale, costituito da una piccolissima borghesia, ambiziosissima e famelica, di azzeccagarbugli di paese e di intellettualoidi di provincia: i così detti professorini che consideravano l'Amministrazione statale come una dispensatrice di laute prebende e di facili canonicati, la Nazione come una vacca da mungere e lo Stato unitario come un nemico la cui autorità doveva essere sostituita da quella delle Regioni per poter creare nuovi posti e nuovi piazzamenti di sottobosco e centri di potere.
Questi arrivisti hanno voluto e dovuto tutto rivoluzionare e trasformare o modificare, spesso senza alcuna necessità, spendendo a man salva, emettendo nuove leggi a getto continuo e creando il caos solo per cancellare il passato, spesso glorioso, le cui tracce davano loro fastidio.
Il presente scritto vuole seguire la traccia del progressivo espandersi della corruzione in Italia, rilevata dall'esperienza di chi appartiene ad una disgraziata generazione italiana la quale non ha fatto che assistere — dopo il primo decennio di questo secolo — a guerre continue, a rivoluzioni e a convulsioni che non costituiscono il clima più adatto per una vita ordinata e per un'onesta amministrazione! Basti pensare che lo scrivente è vissuto nell'epoca di due conflagrazioni mondiali, di quattro guerre minori (quella Italo-turca - riconquista della Libia - guerra etiopica - guerra di Spagna) senza contare la rivoluzione fascista, la caduta della Monarchia e la restaurazione ... democratica!
Quindi non si meravigli il raro lettore di non trovarvi uno sviluppo logico o citazioni di testi e di fonti e un ordine cronologico. Si procede invece un po' di palo in frasca, l'unico filo conduttore è dato dall'analogia di argomento, dallo scopo di rilevare e quindi denunciare il malcostume politico o amministrativo che sia.

Segue il primo capitolo dal titolo La Famiglia che riporta brevemente la storia dei vari antenati che in questo sito web è stata più ampiamente documentata e pertanto quel capitolo viene omesso.
Nelle seguenti pagine web sono riportati integralmente gli altri capitoli del volume e, allo scopo di chiarire ed ampliare la conoscenza degli avvenimenti e dei personaggi citati, sono stati aggiunti links a siti web e fotografie, molte provenienti dall'archivio personale.

 

1) La Carriera Diplomatica: L'Esordio

2)
Il Patto d'acciaio e lo scoppio della guerra

 

3) Contatti per negoziati di pace

 

4) Il dopo-guerra

 

 

 Inizio Pagina