Da un articolo di Angelo Gatti
Corriere della sera del 10 Agosto 1922
Uomini
- Soldati del Genio
Ieri,
in un'alta
valle di montagna, ho incontrato un vecchio amico, che durante la guerra fu
ufficiale del genio, e ora è ingegnere. C'era, intorno a noi, il sovrumano
silenzio di alcune mattinate settembrine, là sul Corada, prima della
battaglia: e un'ape che ronzasse pareva riempire tutta la valle dell'Isonzo,
vuota sotto di noi.
Mi
ha detto:
«Amico, ricordi: il giugno del
1915 e gli zappatori del genio che marciavano innanzi a tutti, per rompere
abbattute e reticolati e per rifare passaggi fra siepi e su canali? Con
l'ascia o con la sega in mano, andavano alla nuova guerra come gli zappatori
di Crimèa erano andati alla loro, nel 1855.
Pochi e con pochi arnesi: e accendevano i tubi di gelatina
esplosiva col fuoco del sigaro.
Poi, nella sera faticata, mentre i fanti dormivano, gettati a gruppi sulla
terra, scavavano trincee e camminamenti, spianavano piazzuole, costruivano
osservatori.
Ma, alla mattina, quando la battaglia ricominciava, con la prima ondata dei
fanti gli zappatori riprendevano il cammino, ridendo di rabbia e di dolore, a
guardare le loro pinze da vignaiolo, che dovevano troncare le reti d'acciaio
nemiche.
Combattevano e lavoravano, lavoravano e combattevano; per loro non c'era
riposo.
Quanti scomparsi ! Quanti morti !
Chi può dire quante volte si
siano fatti le compagnie e i plotoni degli zappatori?
Nei giorni più tranquilli di lavoro essi erano così
vicini agli austriaci, che questi conoscevano
gli ufficiali italiani ad uno ad uno.
Spesso,
quando ero alla 3a
Divisione, sentivo
una voce nemica salire dalle trincee
di
Zagora o di Palievo, traversare l'Isonzo
sopra
Globna o sopra Plava, e venire
a
morire sulle nostre trincee di Planina
o di
Verhovlje: «Pace! C'è il capitano Pace?
Buongiorno, capitano Pace!». Oppure:
«Lacqua! C'è il tenente Lacqua? Buongiorno,
tenente Lacqua!».
E per quel giorno
la lotta era meno feroce; come
se l'evocazione di un uomo vivo fosse riuscita a fugare lo spaventevole mostro
inanimato della guerra moderna.
Così avveniva su tutta la fronte, dal Garda all'Adriatico. Ma presto tutto
ritornava come prima, e gli zappatori cadevano a diecine. Ne restavano sotto
ai reticolati nemici, nel terreno perlustrato, sulle trincee combattute;
dappertutto dove, giorno per giorno, gli italiani giungevano e si fermavano, i
termini di sangue erano quasi sempre messi dagli zappatori.
Il numero d'essi cresceva sempre più, e dinanzi all'esercito dei fucilieri e
degli artiglieri marciava sempre più compatto l'esercito degli scavatori e dei
badilanti; tutto il terreno innanzi era ormai lavorato come per una grande
seminagione; ma la morte coglieva gli alacri operai, nell'azione e anche nel
riposo.
Dorme da molti anni nel piccolo cimitero di Curso, sotto al Sabotino, il
capitano Lamattina, che nelle trincee avanzate di Zagora, mi stava accanto, in
una notte serena.
Qualche tempo passò in silenzio, ed io mi
alzai,
per scuotere il torpore e la nostalgia
che mi
avevano preso; ma il mio compagno
non si
levò: una palla lo aveva ucciso, e io non avevo sentito nulla, nemmeno il
cessare
del suo respiro.
Presso alla zappa e
alla vanga,
sono caduti molti italiani, come presso al
fucile e al cannone.
Dimmi, amico,
ricordi ?».
Gli ho risposto:
«Sì. Ricordo».
Ha ripreso:
«Ricordi la forza di Plava e i pontieri
delle Sezioni da ponte della 3a e
della
32a Divisione, che, nella notte dal 9
al 10
giugno del 1915, si avvicinarono all'Isonzo, per passare sulla riva sinistra?
Il
cielo
era pieno di stelle; ma il fondo della
valle era l'inferno.
Chi, dalle pacate alture
di Verhovlje,
scendeva verso il fiume sentiva di
sprofondare in una voragine, dalla quale
non sarebbe più risalito.
Pure, per la strada
grande di Plava, avanti alle nostre
colonne, andavano silenziosamente le
file dei carri che trasportavano le
barche e alla casa «del Calzolaio»
erano scoperte dai riflettori nemici. Allora crepitavano le prime fucilate
dalle pendici dell’altura innominata
che poi prese il nome di quota 383, e cadevano
colpiti a morte i primi uomini e i primi
cavalli. Ciò non ostante, gli zappatori del
genio, con un plotone di erculei
pontieri, continuavano a camminare,
fino a trovare la sponda già
esplorata, adatta al gettamento del ponte.
La morte falciava a gran
braccia nella forra di Plava.
I fucili, le
mitragliatrici, le artiglierie nemiche, da
Globna,
da Palievo, dal Kuk, da Zagora,
dal
Sabotino, aperto il fuoco in pieno, abbattevano
gli uomini, spezzavano le funi
d'ancoraggio, frantumavano le barche.
Razzi
incessanti rivelavano come di giorno l'affannoso
lavoro della nostra gente, le barche
varate, le travi allineate e ghindate, le tavole sovrapposte e il ponte che
s'allungava
avidamente verso la riva opposta.
Sferzate di shrappnells radevano l'acqua cupa, uscendo dalla piana di Gorizia:
ogni
bosco, immobile, vomitava bombe.
Ricordi,
nella seconda notte del passaggio, il treno
blindato fantasma, che ad un tratto
apparve sul ponte-viadotto di Plava,
e cominciò a battere con le sue
mitragliatrici i nostri, alle
spalle?
Ma, tranquillo, sulla sponda dell'Isonzo,
sotto a quello stesso viadotto, il generale
Prelli, coi capelli bianchi d'argento,
dettava gli
ordini agli ufficiali del suo stato
maggiore. E il capitano zappatore Giuffrida comandava senza fretta la manovra
dei pontieri; e il capitano
zappatore Sonzini, ritto sulla
poppa di una barca, dava
misurati comandi e spingeva innanzi colla sua calma volontà
uomini e cose.
Duecento
fanti
della brigata Ravenna traghettavano
il fiume,
toccavano la sponda nemica, e prendevano i
primi prigionieri, alle case
barricate di Plava.
Così i gettatori di ponti
italiani superavano le acque nemiche: e
così
facevano un anno dopo, all'assalto di
Gorizia, quando, di giorno, con sedici ponti
passavano l'Isonzo per una risoluzione di
comandante, che è fra le più belle della
guerra
di tutti gli eserciti; e due anni dopo,
quando
riattavano i ponti all'esercito stupefatto
che si ritirava dopo Caporetto, e
subito
li rompevano dinanzi al nemico inseguente;
e tre anni dopo, quando, finalmente,
sul Piave vendicatore gettavano le prime
barche, per l'ultima avanzata alla vittoria.
Sulla riva dei molti fiumi e delle lagune
che
fra Isonzo e Piave, bagnano la terra
d'Italia, dormono molti morti soldati del
genio. Dimmi, amico, ricordi?»
Gli ho risposto:
«Sì. Ricordo ».
Ha ripreso:
«Amico, ricordi il bastione del Carso che
da
Monte S. Michele va alla Rocca di Monfalcone,
o, nell'alpe scoscesa, il Col di Lana,
il Castellaccio, e i minatori del genio o
degli alpini che s'erano distesi di fronte ad
attaccarli?
La forza dell'Italia si mostrava
intera negli uomini che addentavano il
calcare
ed il granito. Tutte le virtù profonde che i suoi figli avevano portato nel
vasto
mondo a vantaggio d'altri, la perseveranza,
la pazienza, la forza, l'ingegnosità,
il coraggio, la lietezza dell'opera, ora
finalmente erano date alla patria.
Le formidabili
posizioni nemiche erano cinte da
un assedio
formidabile.
Lasciate le armi, con le braccia nude e il
mazzuolo e il martello in mano, i
foratori di monti scendevano sotto la terra a ricercare il riparo nemico.
Dalle nostre trincee si staccavano come
tentacoli i profondi corridoi delle mine:
gli uomini per mesi e mesi si volgevano
là dentro su se stessi, come bestie sotterranee intente ad allargare il
cammino per respirare
meglio.
Qualche volta, ad un tratto, troncavano il lavoro ed appoggiavano
l'orecchio alla rupe: lontano, il ronfare
sordo di un'altra perforatrice rivelava l'opera
nemica, uguale e mortale; allora, un superbo viso s'accendeva nella gara, che
non era più soltanto per la
vittoria, ma per la vita. Altri
soldati del genio, intanto, i
telegrafisti e i telefonisti, camminavano per
piani e per monti, sotto il solleone o
nella neve, per allacciare le membra
dell'esercito, e far giungere la
volontà dei capi alle trincee.
Nei giorni di battaglia, quando i proiettili
delle grosse artiglierie nemiche sconvolgevano il terreno dietro alle truppe
combattenti, e i fili dei telefoni e dei telegrafi, si
ammonticchiavano qua e là spezzati e aggrovigliati,
i soldati del genio si spargevano a
gruppi per la campagna, a riparare
danni.
Parevano schiere di tenaci tessitori,
che gettassero il loro ordito sui campi,
sui prati, sui boschi, andando e venendo,
senza mai stancarsi: e alcuni
cantavano sottovoce, come sulle
strade tranquille dei loro paesi,
quando, da presso, il contadino
guida in pace l'aratro, e una donna, ride
serena da un casolare.
Ma molti cadevano morti o feriti, perché il pericolo è forse meno
grave nella trincea che subito dietro:
e li
saldava ancora alla lotta il filo che portavano
con se arrotolato attorno al corpo, come
ragni industriosi fulminati a mezzo l'opera,
e il filo d'argento splende ancora al
sole.
Coraggiosi e calmi, vigorosi e pazienti,
intelligenti e modesti, uomini da battaglia
e da lavoro, i soldati del genio hanno fatto insomma il loro dovere
dappertutto, e
col fucile e con l'arnese da guastatore.
E
la
medaglia d'oro assegnata all'Arma del
Genio,
che riunisce e consacra in un solo
eroismo gli eroismi del soldato
Emilio Bianchi
da Ancona, del sergente
Giovanni Rossi
da
Teramo, del sergente Luigi
Bevilacqua
da
Sant'Odorico, del tenente Giuseppe Franchi
Maggi da Pavia, del tenente Baldassarre
Mazzucchelli da Vercelli, del maggiore
Mario Rossani da Cassano delle Murge,
tutti
« medaglie d'oro » e tutti morti, dice
giustamente: «Arma
del genio - Medaglia d'oro - Tenace, infaticabile, modesta; scavando la dura
trincea o gettando per ogni ponte una superba sfida al nemico; riannodando,
sotto l'uragano del ferro e del fuoco, i tenui fili per cui passa
l'intelligenza regolatrice della battaglia; lanciandosi all'assalto in epica
gara coi fanti, prodigò sacrifizi
ed eroismi per la grandezza
della Patria, 1915-1918.
Dimmi, amico, ricordi
? ».
Gli ho risposto:
«Sì. Ricordo».
«E, allora, perché tu, che scrivi i fatti
e la
gloria dei soldati d'Italia, non scrivi i
fatti e la gloria dei soldati del genio?»
«Amico, li ho scritti. Eccoli»
Angelo Gatti
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MEDAGLIE D'ORO AL VALOR MILITARE
conferite alla Bandiera
dell'Arma del Genio e ad ufficiali e militari di truppa
dell’Arma del Genio per azioni individuali di valore compiute
durante la guerra 1915-1918.
BANDIERA DELL'ARMA DEL GENIO. Data del conferimento: R.D. 6.6.1920.
Motivo del conferimento:Tenace,
infaticabile, modesta, scavando in dura trincea o gittando per ogni ponte
una superba sfida al nemico, riannodando sotto l'uragano del ferro e del
fuoco i tenui fili onde passa l'intelligenza regolatrice della battaglia,
lanciandosi all'assalto in epica gara coi fanti, prodigò sacrifizi ed
eroismi per la grandezza della Patria (1915 - 1918).
BIANCHI EMILIO da Ancona,
Soldato del Genio, 84° compagnia zappatori 89° reggimento.
Data del conferimento:
22.12.1917 D.L. alla memoria.
Motivo del conferimento:
Sempre primo ove più grave era il pericolo, raggiungeva, sotto violento
fuoco, la trincea nemica. Colpito da una granata avversaria che gli asportava
la gamba sinistra, con mirabile sangue freddo estraeva dalla tasca un
coltello, e tagliando i lembi della carne sanguinante, alzava nella mano
destra la gamba mozzata, gridando parole magnifiche di incoraggiamento ai
propri compagni. Rivoltosi poi al proprio ufficialo esclamava: «Viva
l'Italia !». Il giorno seguente perdeva la vita.
Hudi Log, 24 maggio 1917.
(Dispensa 8a del Bollettino 1917).
ROSSI GIOVANNI da Teramo, aiutante geometra del
genio civile, Sergente nel 1°
reggimento genio.
Data del conferimento:
6.10.1915 D.L. alla memoria.
Motivo del
conferimento: Per
ben tre volte, con slancio ed ardimento, guidava tre squadre di volontari di un battaglione sotto un reticolato nemico per collocare e farvi
brillare tubi esplosivi. La terza volta cadeva ferito a morte, dopo avere
assolto il compito affidatogli.
Alture di Polazzo, 2 luglio 1915. (Dispensa
71a del Bollettino 1915).
FRANCHI MAGGI EMILIO, da Pavia,
Tenente di Fanteria, Comandante di un nucleo di arditi della 3a compagnia del
I battaglione.
|
|
Data del conferimento:
8.5.1920 R.D. alla memoria.
Motivo del conferimento: Già
rimasto mutilato nel coraggioso tentativo di tagliare un reticolato
nemico, tornò volontario alle prime linee, dove anche nelle più difficili
situazioni fu costante esempio di patriottismo e di valore. In una
particolare circostanza in cui, prima di lanciare all’inseguimento le
truppe della divisione al cui comando egli era addetto, urgeva verificare
se, come da voci corse, le fronteggiate posizioni erano state dalla difesa
realmente abbandonate, con impareggiabile serenità si offrì per eseguire
la pericolosa esplorazione attraverso una larga zona completamente
scoperta ed esposta alle offese. Raggiunto, alla testa di pochi uomini e
senza che il nemico desse segno di vita, l’argine di un canale che solo
ormai lo separava dalla linea sospetta, ed accortosi che i suoi uomini, di
fronte al sempre più incombente pericolo, esitavano ad avanzare, dopo aver
rivolto ad essi parole incitatrici, con atto di fulgido eroismo si drizzò
da solo sull’argine stesso per trascinarli innanzi con l’esempio.
Investito immediatamente da una sola scarica di mitragliatrici postate a brevissima
distanza, svelò col glorioso sacrificio della vita la presenza del nemico,
scongiurando per le nostre truppe il rischio di cadere, nell’avanzata allo
scoperto, sotto l’improvvisa azione avversaria.
Aisne (Francia), 29
settembre 1918. |
Lapide
in via Sacchi 9 a Pavia
(Testo)
L'INGEGNERE PEPPINO FRANCHI MAGGI,
TENENTE DEL 1° GENIO,
ELETTO INGEGNO, ANIMA GENEROSA,
SACRÒ ALLA
PATRIA LA FORTE GIOVINEZZA.
I CONCITTADINI, AUSPICE IL MUNICIPIO,
NE RICORDANO QUÍ DOVE EI NACQUE
LA NOBILE VITA E LA MORTE GLORIOSA.
N. 15 . IX . 1890 - M. 29 . IX . 1918
INSIGNITO DI MEDAGLIA D'ORO |
ROSSANI MARIO da Classano delle Murge (Bari),
Maggiore del 5° reggimento genio.
|
|
Data del
conferimento: 23.3.1919 D.L. alla memoria.
Motivo del conferimento: Costante e fulgido esempio di fermezza, di
attività e di coraggio, dirigeva imperterrito lavori dì rafforzamento sulla
cima di un monte di recente conquistato; in una località tuttora vivamente
contrastata dall'avversario. Ferito alla testa da una pallottola di
mitragliatrice nemica, rimaneva sul posto nascondendo il suo stato mortale
perché non venisse attenuata l'operosità degli ardui lavoratori. Nuovamente
colpito, stramazzava in un sottostante burrone.
Monte Corno, 26-27 giugno
1918. (Disp. 19a del Bollet. 1919).
(Il maggiore Rossani Mario aveva in precedenti
azioni meritato anche 3 medaglie d’argento ed una di bronzo al valor militare
e la promozione a Maggiore per meriti di guerra.)
|
MAZZUCCHELLI BALDASSARE, da Vercelli (No),
Sottotenente genio milizia territoriale Battaglione "Caorle" del
reggimento fanteria di marina
"San
Marco". Data del conferimento: 29.5.1919
D.L. alla memoria.
Motivo del conferimento:
Entusiasta della nostra guerra, ne sostenne le giuste ragioni prima con la
parola e poi con le opere. Arruolatosi volontario, nonostante la sua non
giovane età, passò dai servizi del genio militare a quelli della fanteria di
marina. Dopo aver preparato e diretto, sotto violento fuoco, la messa in
opera di passerelle per il passaggio del fiume, cooperò volontariamente ed
efficacemente con un reparto di arditi a fermare la marcia delle truppe di
una divisione nemica, agevolando la presa di numerosi prigionieri. Si misurò
con l'avversario in accaniti corpo a corpo e da ultimo scontratosi con un
ufficiale nemico, ed avendogli imposto a mano armata di indicargli dove si
trovava il comandante di quella divisione, che egli intendeva
catturare, mentre stava mettendo in atto tale impresa, venne gravemente
colpito da una bomba a mano. Malmenato dagli avversari, recisamente
rifiutò poi le cure di un loro sanitario, finché raccolto dai nostri, tenendo, conservando sempre
alto il morale, li incitò ancora alla lotta. Morì dopo alcuni giorni, fino
all’ultimo, stoico contegno ed inneggiando alla Patria; fu fulgido esempio di
tenacia e di valore.
Basso Piave-Muzzana, 30 ottobre - 3 novembre 1918. (Dispensa 34a del Bollettino 1919).
BEVILACQUA LUIGI da Sant’Odorico, Frazione di Flaibano
(Ud), Sergente nel 5° reggimento Genio, Caposquadra minatore della 2a
compagnia. |
|
|
Data del conferimento: 13.10.1918 R.D. alla memoria.
Motivo del conferimento:
Partito volontariamente per la zona di operazione allo scoppio delle ostilità, dette
costante fulgido esempio delle più elette virtù militari. Guastatore
volontario del reticolato nemico a Monte Plana (luglio 1915); collaboratore
preziosissimo alla costruzione dell'osservatorio avanzato del S. Michele
(novembre 1915); minatore di eccezionale tenacia al cavernone di quota 219,
ove, allo scoperto, tra il grandinare di proietti, apri con mazzetta e
pistolotto lo sbocco stabilito, dopo che il perforatore era stato
distrutto da una granata avversaria il 19 agosto 1917 lavoratore e fante
all'occorrenza, tutta la sua |
opera fu di abilità e di ardimento. Fiero del
proprio compito, cui prodigò ogni sua energia, due volte ferito (il 16
agosto 1916 a Gorizia, il 6 settembre 1917 a quota 241), due volte rinunciò di
essere allontanato dal
suo posto. Capo squadra incaricato dell'apprestamento di un'interruzione,
sotto il fuoco e i tentativi di irruzione dell'avversario, incitò i suoi
uomini e condusse a termine il proprio compito, segnalandosi come sempre, e
dando prova di perizia e coraggio (Isonzo, 28 ottobre 1917). Nella sfida
continua e tenace al pericolo cadde da valoroso mentre, in una zona molto
avanzata, apprestava nuove valide difese.
Basso Piave, 24 febbraio 1918.
(Dispensa 40a del Bollettino 1919).
VITALI
DARIO, da Lucca, Sottotenente 2° Reggimento Genio (zappatori) ,
Portastendardo del 9° reparto d' assaltodel battaglione "Fiamme nere".
|
|
Data del conferimento: 21.3.1921
R.D.
Motivo del conferimento: Porta stendardo di un battaglione «Fiamme nere», in
un fierissimo combattimento fece sventolare alto il tricolore alla testa della
prima ondata, infiammando ed entusiasmando i soldati. Convinto dell’importanza
morale del sacro segnacolo di vittoria, lo tenne spiegato nei punti più
pericolosi e più minacciati, anche quando attorno a lui imperversava la
distruzione e la morte. Ferito gravemente con la perdita di un occhio,
rifiutò di lasciare il combattimento.
|
Accerchiato con altri pochi compagni da forze superiori, con
sublime slancio, si scagliò in violenta ed impari lotta, riuscendo col suo
eroico ardimento, a fare abbassare le armi al reparto nemico, che gli aveva
tagliata la ritirata.
Solo a combattimento ultimato si sottopose alle cure
mediche. Fulgido esempio di eroismo e di alte virtù militari.
Monte Asolone.
Col della Berretta, 25 ottobre 1918.
FIORE MARIO, da
Napoli, Maggiore, Comandante il 79° Battaglione del 2° reggimento Genio.
|
|
Data del conferimento: 19.8.1921 R.D. alla memoria.
Motivo del conferimento: Fulgida figura di soldato, ardente di patriottismo, fu
costante esempio di abnegazione ai suoi dipendenti sui quali ebbe sempre
sicuro ascendente. Comandante di un valoroso battaglione zappatori del genio,
accorso in linea con le fanterie in momenti gravi della battaglia, fu durante
tre giorni di accaniti combattimenti per serena calma e cosciente sprezzo del
pericolo, esemplare, mantenendo salda ed invitta la resistenza del suo
reparto. In un pericoloso infiltrarsi di mitragliatrici nemiche, trascinò a
pronto ed impetuoso contrattacco quelli che lo circondavano, e cadde colpito
al cuore. Ancora nell’ultimo gesto incitava i suoi a quella resistenza che fu
dalla magnifica vittoria coronata.
San Mauro del Montello, 15 - 17 giugno
1918. |
FERRARIO PAOLO,
da Vanzago (Milano), Sottotenente addetto Comando Genio
2° reggimento genio zappatori della 35a divisione.
|
Data del conferimento: 19.8.1921
R.D. alla memoria.
Motivo del conferimento:
Ingegnere valente e soldato entusiasta, fra i disagi di un inverno di
montagna, con competenza e coraggio eccezionali attendeva ad ardite
ricognizioni ed a proficui lavori di rafforzamento delle nostre primissime
linee. Per eseguire il rilievo topografico di una parete rocciosa, attraverso
la quale avrebbero dovuto sboccare le
cannoniere di alcune caverne in costruzione, si faceva calare dall’alto
con una fune, e di pieno giorno, sospeso nel vuoto, compiva il suo lavoro
sotto il tiro aggiustato delle artiglierie nemiche.
Scatenatasi un’offensiva avversaria, divenuto fante fra i fanti, partecipava
volontariamente ad una battaglia |
durata quattro giorni,
eseguendo ricognizioni fuori delle nostre linee, assicurando i collegamenti ed
il rifornimento delle munizioni, in un terreno intensamente battuto dalle
artiglierie e già percorso da infiltrazioni nemiche. Avvenuto il ripiegamento
delle nostre truppe, rimase con pochi gregari all’estrema retroguardia per
distruggere un forte, nella quale operazione, avendo voluto personalmente
accertarsi dell’efficacia delle mine, venne travolto ed ucciso dall’ultima di
queste.
Altipiano di Tonezza - Forte di Compomolon, 15 marzo - 19 maggio 1916
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Furono anche decorati con
medaglia d'oro al valor militare i seguenti ufficiali del Genio addetti al
servizio Aeronautica nella campagna di guerra 15-18.
ANCILLOTTO GIOVANNI
da San Donà di Piave (VE).
Sottotenente A.A. Pilota alla 77a squadriglia.
Data del
conferimento: 3.3.1918 D.L.
Motivo del conferimento: Pilota da caccia di
ammirevole slancio, dal 30 novembre al 5 dicembre 1917, in una serie di
attacchi audacissimi incendiava tre palloni nemici e ne stringeva altri a
cessare dalle loro osservazioni. In una speciale circostanza, assaliva
l’avversario con tale impeto da attraversare l’aerostato in fiamme,
riportando sul proprio velivolo, gravemente danneggiato, lembi
dell’involucro lacerato.
Cielo del Piave, 30 novembre - 5
dicembre 1917.
____________
Nota: Giannino
Ancillotto, sandonatese, fu uno dei migliori piloti da caccia
dell’aeronautica italiana nella Grande Guerra. Arruolatosi in aviazione
quattro mesi dopo l’inizio delle ostilità, dimostrò subito una eccezionale
capacità come pilota. Operò quindi come osservatore d’artiglieria e
successivamente entrò nei reparti da caccia. Ma oltre alle sue imprese, la
più nota delle quali fu l’abbattimento di un pallone da osservazione
austriaco (Draken) a Rustignè, da lui letteralmente attraversato con
l’aeroplano mentre esplodeva, e che gli fruttò la medaglia d’oro, un suo
grande contributo venne alle operazioni di caccia notturna, allora sul
nascere per le primitive qualità degli strumenti e delle macchine. Nella
seconda metà del conflitto, erano iniziati i bombardamenti cosiddetti "strategici", contro le
città e le installazioni industriali avversarie. Se
di giorno la caccia otteneva qualche risultato, di notte i cieli erano
dominati dai Caproni, dai Gotha e dagli Zeppelin. A queste incursioni era
difficile opporsi, ed era difficile volare di notte, privi di riferimenti,
ed individuare i bersagli. Ancillotto vi provò. Nella notte del 24 luglio
1918 riuscì, in una sola sortita, ad abbattere due aeroplani nemici, fatto
unico nella storia della I° Guerra Mondiale. Ricorderemo di lui ancora un
solo episodio misconosciuto legato al conflitto. Avendo gli Austriaci
installato a Villa Ancillotto un loro Comando ed un Osservatorio, e dopo che
fu dato l’ordine di distruggerli, volle essere egli stesso ad eseguire la
missione, e mitragliò a bassa quota la sua abitazione. Terminato il
conflitto, operò per diffondere l’industria aeronautica nazionale nel Sud
America, compiendo fra l’altro il 2 maggio 1919 l’atterraggio alla
più alta
quota mai sino ad allora raggiunta, nella città di Cerro de Pasco in Perù.
In seguito operò in Somalia, sempre compiendo voli per fini stavolta
pacifici. Morì prematuramente nella notte fra il 17 ed il 18 ottobre 1924,
uscendo di strada alla guida della propria automobile mentre si recava ad un
raduno di medaglie d’oro.
BARACCHINI FLAVIO da
Villafranca Lunigiana (MC). Tenente
A.A. 81a squadriglia da caccia.
Data del conferimento: 2.8.1917 D.L.
Motivo del conferimento:
Abilissimo ed arditissimo pilota di aeroplano da caccia,
con serena
incuranza del pericolo ed indomito coraggio, in trenta giorni di servizio
alla fronte sostenne brillantemente e vittoriosamente 35 combattimenti
aerei,
riuscendo ad abbattere 9 velivoli avversari.
Cielo del basso e medio Isonzo, 15 maggio – 22 giugno 1917.
BUTTINI CASIMIRO
da Saluzzo (CN).
Colonnello nella riserva A.A., 3a squadriglia da bombardamento.
Data del conferimento: 29.9.1917 M.P.S.
Motivo del conferimento:
Pilota d’aeroplano, fatto segno durante un’azione di bombardamento ad
intenso e ben aggiustato tiro di artiglieria nemica, calmo e sprezzante di
ogni pericolo, si indugiava sulle posizioni da battere, per eseguire con
precisione il tiro delle sue bombe. Investito da raffiche sempre più
precise, visto colpito a morte il secondo pilota, cui una granata aveva
asportato la testa, e ferito egli stesso ad un braccio, col viso coperto dal
sangue e da brandelli di carne del compagno ucciso, nonostante che
l’apparecchio, gravemente colpito in più parti non obbedisse più ai comandi,
conservava ed infondeva, col suo contegno energico e risoluto, eroica calma
in tutto l’equipaggio e, dopo sforzi inauditi, riusciva a mettere in sesto
l’apparecchio che precipitava; passando quindi a bassa quota sulle linee
nemiche, tra l’infuriare della fucileria, delle artiglierie e delle
mitragliatrici, riconduceva sul suolo della Patria i compagni illesi ed il
suo prezioso carico di morte. Cielo di Ternova, 9 settembre
1917.
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Nota:
L'immagine a destra si riferisce al
trimotore Caproni con motori Fiat da 150HP
che fu pilotato da Casimiro Buttini. Dopo la guerra egli acquistò l'aereo per 30.000 lire e lo mise al sicuro in
un magazzino. Nel 1959 l'Aviazione Militare lo ha riacquistato ed ora è
esposto al museo storico dell'aeronautica a Vigna di Valle.
CASTRUCCIO GIUSEPPE
da Genova.
Tenente M.M., Pilota di dirigibile sull' aeronave "M. 10".
Data del conferimento: 4.1.1917 M.P.S.
Motivo del conferimento:
Ufficiale di bordo di un dirigibile che aveva compiuta un’azione notturna di
bombardamento sul nemico, visto che l’aeronave, colpita a poppa, in una
posizione inclinata di 45 gradi, discendeva precipitosamente alla deriva, e
intuito che portando un carico a prora si sarebbe reso possibile il governo
del dirigibile, con sereno e cosciente spirito di sacrificio, esponendo la
vita per la salvezza dei compagni e dell’aeronave, servendosi di una sottile
scala metallica, saliva, nonostante l’oscurità più assoluta, dalla navicella
all’involucro, aprendosi un varco nella parte inferiore; indi si trascinava
carponi sopra il sottile strato di stoffa fino a prora del dirigibile,
sfidando la lacerazione possibile del tessuto e la conseguente caduta. Col
suo peso migliorava, così, l’equilibrio dell’aeronave, e rimanendo in tale
penosa e rischiosissima condizione per circa un’ora di discesa precipitosa,
permetteva al comandante di condurre l’aeronave in territorio nazionale e di
atterrare.
Cielo di Prosecco, 22 settembre
1917.
LISA GINO
da
Torino. Sottotenente di Complemento A.A., Pilota nell'Arma del Genio nel 14°
gruppo aeroplani 2a squadriglia "Caproni".
Data del
conferimento: 2.6.1921 D.L.
Motivo del conferimento: Volontario di guerra, pilota da bombardamento
arditissimo e di eccezionale valore, sempre animato da alto sentimento e da
fede immutabile nella sorte della nostra Patria e delle nostre armi, fu per
due anni di guerra esempio mirabile di costante valore. Più volte, in aspri
e difficili combattimenti, ebbe ragione dell’avversario, quantunque con
l’apparecchio gravemente avariato dai colpi nemici e due volte ritornò con
la carlinga macchiata del sangue del proprio equipaggio. Il 15 novembre
1917, dopo aver condotto a termine un’azione di bombardamento per la quale
si era offerto volontario, mentre riprendeva la via del ritorno, visto un
altro apparecchio nazionale assalito da numerosi avversari, generosamente si
slanciava in suo soccorso. Attaccato a sua volta da quattro caccia, dopo
aver sostenuto lungo ed emozionante combattimento, venuto a mancare
dell’azione di un mitragliere, sbalzato fuori dell’apparecchio per le
arditissime manovre, cadeva nell’impari lotta e, precipitando col resto
dell’equipaggio sulle balze del Trentino, consacrava alla gloria la sua
giovane esistenza interamente votata alla Patria.
Cielo di Caldonazzo e della Val d’Astico, 15 novembre 1917
LOCATELLI ANTONIO
da Bergamo.
Maggiore A.A. Pilota per le operazioni in A.O.
Data del conferimento: 31.10.1923 R.D.
Motivo del conferimento: Già insignito di tre medaglie d’argento al valor
militare; aviatore ammirabile, esploratore sagacissimo, temprato a tutte le
avversità e a tutti i rischi, combattente di alto valore, si spingeva da
solo per centinaia di chilometri su territorio avversario e superando la
concentrazione di artiglieria e talvolta gli attacchi di pattuglie da caccia
nemiche, giungeva su obiettivi militari di grande importanza riportando
sempre fotografie ed informazioni preziose. Nell’ultimo volo di guerra
colpito da uno shrapnel che gli squarciava l’apparecchio e costretto ad
atterrare in territorio nemico, sebbene ferito al ginocchio e lussato al
piede, compiva la distruzione dell’apparecchio e riusciva per otto ore a
sottrarsi alla cattura del nemico. Caduto prigioniero, superando rischi e
stenti di ogni sorta, raggiungeva le nostre linee durante l'ultima
vittoriosa offensiva. Fulgido esempio d’eroismo.
Cielo della Carnia, dell’Altipiano, Alto e Medio Isonzo, Friedrichofen, Fiume
Agosto-ottobre 1917 - maggio-settembre 1918.
Altre onorificenze: 10- 11- 1918 Cavaliere Ordine Militare d'Italia - 1936
Medaglia d'oro al valor militare - 1936 Medaglia d'oro al valor militare.
NIUTTA UGO
da
Napoli. Sottotenente
Pilota.
Data del conferimento: 19-4-1917 D.L.
alla memoria.
Pilota d’aeroplano, durante una ricognizione aerea nelle linee avversarie,
incontrati due velivoli nemici,
li aggrediva risolutamente, costringendone
uno a precipitosa discesa. Attaccato in condizioni
svantaggiose dall’altro,
sosteneva con indomito ardire la lotta. Essendo stato colpito a morte
l’osservatore, nell’impossibilità ormai di sostenere l’impari lotta,
sorvolando a bassa quota le linee
nemiche e sfidandone con indomita fierezza
il fuoco delle mitragliatrici, tentò di guadagnare le nostre linee.
Colpito
mortalmente egli stesso e perduta ogni conoscenza, andava con l’apparecchio
contro un banco
roccioso e vi lasciava gloriosamente la vita.
Cielo di Borgo di Vai Sugana, 3 luglio 1916.
FONTI e LINKS di approfondimento
http://www.istitutonastroazzurro.it/storia.html
http://www.aspeterpan.com/book1/Baracchini.htm
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