MARIENI SAREDO

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+ L' Aviazione 1916 - 1917

+ Al Comando Generale del Genio

   

 + Soldati del Genio - Azioni

GENERALE GIOVANNI BATTISTA MARIENI

 

 + Soldati del Genio - Zappatori

   

 + Soldati del Genio Ricordi e MOVM

AL COMANDO GENERALE DEL GENIO MILITARE

 

 + Elenco Medaglie d'oro al V.M.

28 OTTOBRE 1917 - 1 agosto 1920

 

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SOLDATI DEL GENIO - RICORDI

 

Da un articolo di Angelo Gatti
Corriere della sera del 10 Agosto 1922                   

 

 Uomini - Soldati del Genio       

 

Ieri, in un'alta valle di montagna, ho incontrato un vecchio amico, che durante la guerra fu ufficiale del genio, e ora è ingegnere. C'era, intorno a noi, il sovrumano silenzio di alcune mattinate settembrine, là sul Corada, prima della battaglia: e un'ape che ronzasse pareva riempire tutta la valle dell'Isonzo, vuota sotto di noi.
 

Mi ha detto:
«Amico, ricordi: il
giugno del 1915 e gli zappatori del genio che marciavano innanzi a tutti, per rompere abbattute e reticolati e per rifare passaggi fra siepi e su canali? Con l'ascia o con la sega in mano, andavano alla nuova guerra come gli zappatori di Crimèa erano andati alla loro, nel 1855.
Pochi e con pochi arnesi: e accendevano i tubi di gela
tina esplosiva col fuoco del sigaro.
Poi, nella sera faticata, mentre i fanti dormivano, gettati a gruppi sulla terra, scavavano trincee e camminamenti, spianavano piazzuole, costruivano osservatori.
Ma, alla mattina, quando la battaglia ricominciava, con la prima ondata dei fanti gli zappatori  riprendevano il cammino, ridendo di rabbia e di dolore, a guardare le loro pinze da vignaiolo, che dovevano troncare le reti d'acciaio nemiche.
Combattevano  e  lavoravano, lavoravano e combattevano; per loro non c'era riposo.
Quanti scomparsi !  Quanti morti !

Chi può dire quante volte si siano fatti le compagnie e i plotoni degli zappatori?
Nei giorni più tranquilli di lavoro essi erano c
osì vicini agli austriaci, che questi conoscevano gli ufficiali italiani ad uno ad uno. Spesso, quando ero alla 3a Divisione, sentivo una voce nemica salire dalle  trincee di Zagora o di Palievo, traversare l'Isonzo sopra Globna o sopra Plava, e venire a morire  sulle nostre trincee di Planina o di Verhovlje: «Pace! C'è il capitano Pace? Buongiorno, capitano  Pace!». Oppure: «Lacqua! C'è il tenente Lacqua? Buon
giorno, tenente Lacqua!».
E per quel giorno
la lotta era meno feroce; come se l'evocazione di un uomo vivo fosse riuscita a fugare lo spaventevole mostro inanimato della guerra moderna.


Così avveniva su tutta la fronte, dal Garda all'Adriatico. Ma presto tutto ritornava come prima, e gli zappatori cadevano a diecine. Ne restavano sotto ai reticolati nemici, nel terreno perlustrato, sulle trincee combattute; dappertutto dove, giorno per giorno, gli italiani giungevano e si fermavano, i termini di sangue erano quasi sempre messi dagli zappatori.
Il numero d'essi cresceva sempre più, e dinanzi all'esercito dei fucilieri e degli artiglieri marciava sempre più compatto l'esercito degli scavatori e dei badilanti; tutto il terreno innanzi era ormai lavorato come per una grande seminagione; ma la morte coglieva gli alacri operai, nell'azione e anche nel riposo.

Dorme da molti anni nel piccolo cimitero di Curso, sotto al Sabotino, il capitano Lamattina, che nelle trincee avanzate di Zagora, mi stava accanto, in una notte seren
a. Qualche tempo passò in silenzio, ed io mi alzai, per scuotere il torpore e la nostalgia che mi avevano preso; ma il mio compagno non si levò: una palla lo aveva ucciso, e io non avevo sentito nulla, nemmeno il cessare del suo respiro.
Presso alla zappa e
alla vanga, sono caduti molti italiani, come presso al fucile e al cannone.
Dimmi, amico,
ricordi ?».

Gli ho risposto:
«Sì. Ricordo».

 

Ha ripreso:
«Ricordi la forza di Plava e i pon
tieri delle Sezioni da ponte della 3a e della 32a Divisione, che, nella notte dal 9 al 10 giugno del 1915, si avvicinarono all'Isonzo, per passare sulla riva sinistra? Il cielo era pieno di stelle; ma il fondo della valle era l'inferno.
Chi, dalle pacate alture
di Verhovlje, scendeva verso il fiume sentiva di sprofondare in una voragine, dalla quale non sarebbe più risalito.

Pure, per la strada grande di Plava, avanti alle nostre colonne, andavano silenziosamente le file dei carri che trasportavano le barche e alla casa «del Calzolaio» erano scoperte dai riflettori nemici. Allora crepitavano le prime fucilate dalle pendici dell’altura innominata che poi prese il nome di quota 383, e cadevano colpiti a morte i primi uomini e i primi cavalli. Ciò non ostante, gli zappatori del genio, con un plotone di erculei pontieri, continuavano a camminare, fino a trovare la sponda già esplorata, adatta al gettamento del ponte.
La morte falciava a gran
braccia nella forra di Plava.

I fucili, le
mitragliatrici, le artiglierie nemiche, da Globna, da Palievo, dal Kuk, da Zagora, dal Sabotino, aperto il fuoco in pieno, abbattevano gli uomini, spezzavano le funi d'ancoraggio, frantumavano le barche.
Raz
zi incessanti rivelavano come di giorno l'affannoso lavoro della nostra gente, le barche varate, le travi allineate e ghindate, le tavole sovrapposte e il ponte che s'allungava avidamente verso la riva opposta. Sferzate di shrappnells radevano l'acqua cupa, uscendo dalla piana di Gorizia: ogni bosco, immobile, vomitava bombe.

Ricordi,
nella seconda notte del passaggio, il treno blindato fantasma, che ad un tratto apparve sul ponte-viadotto di Plava, e cominciò a battere con le sue mitragliatrici i nostri, alle spalle?
Ma, tranquillo, sulla sponda dell'I
sonzo, sotto a quello stesso viadotto, il generale Prelli, coi capelli bianchi d'argento, dettava gli ordini agli ufficiali del suo stato maggiore. E il capitano zappatore Giuffrida comandava senza fretta la manovra dei pontieri; e il capitano zappatore Sonzini, ritto sulla poppa di una barca, dava misurati comandi e spingeva innanzi colla sua calma volontà uomini e cose.
Duecento
fanti della brigata Ravenna traghettavano il fiume, toccavano la sponda nemica, e prendevano i primi prigionieri, alle case barricate di Plava.
Così i gettatori di ponti italiani superavano le acque nemiche: e così facevano un anno dopo, all'assalto di Gorizia, quando, di giorno, con sedici ponti passavano l'Isonzo per una risoluzione di comandante, che è fra le più belle della guerra di tutti gli eserciti; e due anni dopo, quando riattavano i ponti all'esercito stupefatto che si ritirava dopo Caporetto, e subito li rompevano dinanzi al nemico inseguente; e tre anni dopo, quando, finalmente, sul Piave vendicatore gettavano le prime barche, per l'ultima avanzata alla vittoria.
Sulla riva dei molti fiumi e delle lagune
che fra Isonzo e Piave, bagnano la terra d'Italia, dormono molti morti soldati del genio. Dimmi, amico, ricordi?»
Gli ho risposto:

«Sì. Ricordo ».

 

Ha ripreso:
«Amico, ricordi il bastione del Carso che
da Monte S. Michele va alla Rocca di Monfalcone, o, nell'alpe scoscesa, il Col di Lana, il Castellaccio, e i minatori del genio o degli alpini che s'erano distesi di fronte ad attaccarli?
La forza dell'Italia si mostra
va intera negli uomini che addentavano il calcare ed il granito. Tutte le virtù profonde che i suoi figli avevano portato nel vasto mondo a vantaggio d'altri, la perseveranza, la pazienza, la forza, l'ingegnosità, il coraggio, la lietezza dell'opera, ora finalmente erano date alla patria.
Le for
midabili posizioni nemiche erano cinte da un assedio formidabile.
Lasciate le armi, con le braccia nude e il mazzuolo e il martello in mano, i foratori di monti scendevano sotto la terra a ricercare il riparo nemico. Dalle nostre trincee si staccavano come tentacoli i profondi corridoi delle mine: gli uomini per mesi e mesi si volgevano là dentro su se stessi, come bestie sotterranee intente ad allargare il cammino
per respirare meglio.

Qualche volta, ad un tratto, troncavano il lavoro ed appoggiava
no l'orecchio alla rupe: lontano, il ronfare sordo di un'altra perforatrice rivelava l'opera nemica, uguale e mortale; allora, un superbo viso s'accendeva nella gara, che non era più soltanto per la vittoria, ma per la vita. Altri soldati del genio, intanto, i telegrafisti e i telefonisti, camminavano per piani e per monti, sotto il solleone o nella neve, per allacciare le membra dell'esercito, e far giungere la volontà dei capi alle trincee.

Nei giorni di battaglia, quando i proiet
tili delle grosse artiglierie nemiche sconvolgevano il terreno dietro alle truppe combattenti, e i fili dei telefoni e dei telegrafi, si ammonticchiavano qua e là spezzati e aggrovigliati, i soldati del genio si spargevano a gruppi per la campagna, a riparare danni.

Parevano schiere di tenaci tessitori, che gettassero il loro ordito sui campi, sui prati, sui boschi, andando e venendo, senza mai stancarsi: e alcuni cantavano sottovoce, come sulle strade tranquille dei loro paesi, quando, da presso, il contadino guida in pace l'aratro, e una donna, ride serena da un casolare.
Ma molti cadevano morti o feriti, perché il pericolo è forse me
no grave nella trincea che subito dietro: e li saldava ancora alla lotta il filo che portavano con se arrotolato attorno al corpo, come ragni industriosi fulminati a mezzo l'opera, e il filo d'argento splende ancora al sole.
Coraggiosi e calmi, vigorosi e pazien
ti, intelligenti e modesti, uomini da battaglia e da lavoro, i soldati del genio hanno fatto insomma il loro dovere dappertutto, e col fucile e con l'arnese da guastatore.

 

E la medaglia d'oro assegnata all'Arma del Genio, che riunisce e consacra in un solo eroismo gli eroismi del soldato Emilio Bianchi da Ancona, del sergente Giovanni Rossi da Teramo, del sergente Luigi Bevilacqua da Sant'Odorico, del tenente Giuseppe Franchi Maggi da Pavia, del tenente Baldassarre Mazzucchelli da Vercelli, del maggiore Mario Rossani da Cassano delle Murge, tutti « medaglie d'oro » e tutti morti, dice giustamente: «Arma del genio - Medaglia d'oro - Tenace, infaticabile, modesta; scavando la dura trincea o gettando per ogni ponte una superba sfida al nemico; riannodando, sotto l'uragano del ferro e del fuoco, i tenui fili per cui passa l'intelligenza regolatrice della battaglia; lanciandosi all'assalto in epica gara coi fanti, prodigò sacrifizi ed eroismi per la grandezza della Patria, 1915-1918.
Dimmi, amico, ri
cordi ? ».
Gli ho risposto:
«Sì. Ricordo».


«E, allora, perché tu, che scrivi i fatti
e la gloria dei soldati d'Italia, non scrivi i fatti e la gloria dei soldati del genio?»
«
Amico, li ho scritti. Eccoli»

Angelo Gatti

 

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MEDAGLIE D'ORO AL VALOR MILITARE

conferite alla Bandiera dell'Arma del Genio e ad ufficiali e militari di truppa dell’Arma del Genio per azioni individuali di valore compiute durante la guerra 1915-1918.


BANDIERA DELL'ARMA DEL GENIO. Data del conferimento: R.D. 6.6.1920.

Motivo del conferimento:Tenace, infaticabile, modesta, scavando in dura trincea o gittando per ogni ponte una superba sfida al nemico, riannodando sotto l'uragano del ferro e del fuoco i tenui fili onde passa l'intelligenza regolatrice della battaglia, lanciandosi all'assalto in epica gara coi fanti, prodigò sacrifizi ed eroismi per la grandezza della Patria (1915 - 1918).

 

BIANCHI EMILIO da Ancona, Soldato del Genio, 84° compagnia zappatori 89° reggimento.

Data del conferimento: 22.12.1917 D.L. alla memoria.

Motivo del conferimento: Sempre primo ove più grave era il pericolo, raggiungeva, sotto violento fuoco, la trincea nemica. Colpito da una granata avversaria che gli asportava la gamba sinistra, con mirabile sangue freddo estraeva dalla tasca un coltello, e tagliando i lembi della carne sanguinante, alzava nella mano destra la gamba mozzata, gridando parole magnifiche di incoraggiamento ai propri compagni. Rivoltosi poi al proprio ufficialo esclamava:  «Viva  l'Italia !». Il giorno seguente perdeva la vita.

Hudi Log, 24 maggio 1917. (Dispensa 8a del Bollettino 1917).

 

ROSSI GIOVANNI da Teramo, aiutante geometra del genio civile,  Sergente nel 1° reggimento genio.

Data del conferimento: 6.10.1915 D.L. alla memoria.

Motivo del conferimento: Per ben tre volte, con slancio ed ardimento, guidava tre squadre di volontari di un battaglione sotto un reticolato nemico per collocare e farvi brillare tubi esplosivi. La terza volta cadeva ferito a morte, dopo avere assolto il compito affidatogli.

Alture di Polazzo, 2 luglio 1915. (Dispensa 71a del Bollettino 1915).

 

FRANCHI MAGGI EMILIO, da Pavia, Tenente di Fanteria, Comandante di un nucleo di arditi della 3a compagnia del I battaglione.
   

Data del conferimento: 8.5.1920 R.D. alla memoria.

Motivo del conferimento: Già rimasto mutilato nel coraggioso tentativo di tagliare un reticolato nemico, tornò volontario alle prime linee, dove anche nelle più difficili situazioni fu costante esempio di patriottismo e di valore. In una particolare circostanza in cui, prima di lanciare all’inseguimento le truppe della divisione al cui comando egli era addetto, urgeva verificare se, come da voci corse, le fronteggiate posizioni erano state dalla difesa realmente abbandonate, con impareggiabile serenità si offrì per eseguire la pericolosa esplorazione attraverso una larga zona completamente scoperta ed esposta alle offese. Raggiunto, alla testa di pochi uomini e senza che il nemico desse segno di vita, l’argine di un canale che solo ormai lo separava dalla linea sospetta, ed accortosi che i suoi uomini, di fronte al sempre più incombente pericolo, esitavano ad avanzare, dopo aver rivolto ad essi parole incitatrici, con atto di fulgido eroismo si drizzò da solo sull’argine stesso per trascinarli innanzi con l’esempio. Investito immediatamente da una sola scarica di mitragliatrici postate a brevissima distanza, svelò col glorioso sacrificio della vita la presenza del nemico, scongiurando per le nostre truppe il rischio di cadere, nell’avanzata allo scoperto, sotto l’improvvisa azione avversaria.
Aisne (Francia), 29 settembre 1918.

    Lapide in via Sacchi 9 a Pavia             
   (Testo)
L'INGEGNERE PEPPINO FRANCHI MAGGI, TENENTE DEL 1° GENIO, ELETTO INGEGNO, ANIMA GENEROSA, SACRÒ ALLA
             PATRIA LA FORTE GIOVINEZZA. I CONCITTADINI, AUSPICE IL MUNICIPIO, NE RICORDANO QUÍ DOVE EI NACQUE
             LA NOBILE VITA E LA MORTE GLORIOSA. N. 15 . IX . 1890 - M. 29 . IX . 1918  INSIGNITO DI MEDAGLIA D'ORO


ROSSANI MARIO da Classano delle Murge (Bari), Maggiore del 5° reggimento genio.
 

Data del conferimento: 23.3.1919 D.L. alla memoria.

Motivo del conferimento: Costante e fulgido esempio di fermezza, di attività e di coraggio, dirigeva imperterrito lavori dì rafforzamento sulla cima di un monte di recente conquistato; in una località tuttora vivamente contrastata dall'avversario. Ferito alla testa da una pallottola di mitragliatrice nemica, rimaneva sul posto nascondendo il suo stato mortale perché non venisse attenuata l'operosità degli ardui lavoratori. Nuovamente colpito, stramazzava in un sottostante burrone. 
Monte Corno, 26-27 giugno 1918. (Disp. 19a del Bollet. 1919).

(Il maggiore Rossani Mario aveva in precedenti azioni meritato anche 3 medaglie d’argento ed una di bronzo al valor militare e la promozione a Maggiore per meriti di guerra.)


MAZZUCCHELLI BALDASSARE, da Vercelli (No), Sottotenente genio milizia territoriale Battaglione "Caorle" del reggimento fanteria di marina "San

   

Marco". Data del conferimento: 29.5.1919 D.L. alla memoria.

Motivo del conferimento: Entusiasta della nostra guerra, ne sostenne le giuste ragioni prima con la parola e poi con le opere. Arruolatosi volontario, nonostante la sua non giovane età, passò dai servizi del genio militare a quelli della fanteria di marina. Dopo aver preparato e diretto, sotto violento fuoco, la messa in opera di passerelle per il passaggio del fiume, cooperò volontariamente ed efficacemente con un reparto di arditi a fermare la marcia delle truppe di una divisione nemica, agevolando la presa di numerosi prigionieri. Si misurò con l'avversario in accaniti corpo a corpo e da ultimo scontratosi con un ufficiale nemico, ed avendogli imposto a mano armata di indicargli dove si trovava il comandante di quella divisione, che egli intendeva catturare, mentre stava mettendo in atto tale impresa, venne gravemente colpito da una bomba a mano. Malmenato dagli avversari, recisamente rifiutò poi le cure di un loro sanitario, finché raccolto dai nostri, tenendo, conservando sempre alto il morale, li incitò ancora alla lotta. Morì dopo alcuni giorni, fino all’ultimo, stoico contegno ed inneggiando alla Patria; fu fulgido esempio di tenacia e di valore.
Basso Piave-Muzzana, 30 ottobre - 3 novembre 1918. (Dispensa 34a del Bollettino  1919).
 

BEVILACQUA LUIGI da Sant’Odorico, Frazione di Flaibano (Ud), Sergente nel 5° reggimento Genio, Caposquadra minatore della 2a compagnia.
   

Data del conferimento: 13.10.1918 R.D. alla memoria.

Motivo del conferimento: Partito volontariamente per la zona di operazione allo scoppio delle ostilità, dette costante fulgido esempio delle più elette virtù militari. Guastatore volontario del reticolato nemico a Monte Plana (luglio 1915); collaboratore preziosissimo alla costruzione dell'osservatorio avanzato del S. Michele (novembre 1915); minatore di eccezionale tenacia al cavernone di quota 219, ove, allo scoperto, tra il grandinare di proietti, apri con mazzetta e pistolotto lo sbocco stabilito, dopo che il perforatore era stato distrutto da una granata avversaria il 19 agosto 1917 lavoratore e fante all'occorrenza, tutta la sua

opera fu di abilità e di ardimento. Fiero del proprio compito, cui  prodigò ogni sua energia, due volte ferito (il 16 agosto 1916 a Gorizia, il 6 settembre 1917 a quota 241), due volte rinunciò di essere allontanato dal suo posto. Capo squadra incaricato dell'apprestamento di un'interruzione, sotto il fuoco e i tentativi di irruzione dell'avversario, incitò i suoi uomini e condusse a termine il proprio compito, segnalandosi come sempre, e dando prova di perizia e coraggio (Isonzo, 28 ottobre 1917). Nella sfida continua e tenace al pericolo cadde da valoroso mentre, in una zona molto avanzata, apprestava nuove valide difese.

Basso Piave, 24 febbraio 1918. (Dispensa 40a del Bollettino 1919).

 

VITALI DARIO, da Lucca, Sottotenente 2° Reggimento Genio (zappatori) , Portastendardo del 9° reparto d' assaltodel battaglione "Fiamme nere".

   

Data del conferimento: 21.3.1921 R.D.

Motivo del conferimento: Porta stendardo di un battaglione «Fiamme nere», in un fierissimo combattimento fece sventolare alto il tricolore alla testa della prima ondata, infiammando ed entusiasmando i soldati. Convinto dell’importanza morale del sacro segnacolo di vittoria, lo tenne spiegato nei punti più pericolosi e più minacciati, anche quando attorno a lui imperversava la distruzione e la morte. Ferito gravemente con la perdita di un occhio, rifiutò di lasciare il combattimento.

Accerchiato con altri pochi compagni da forze superiori, con sublime slancio, si scagliò in violenta ed impari lotta, riuscendo col suo eroico ardimento, a fare abbassare le armi al reparto nemico, che gli aveva tagliata la ritirata. Solo a combattimento ultimato si sottopose alle cure mediche. Fulgido esempio di eroismo e di alte virtù militari.
Monte Asolone. Col della Berretta, 25 ottobre 1918.

 

FIORE MARIO, da Napoli, Maggiore, Comandante il 79° Battaglione del 2° reggimento Genio.

   

Data del conferimento: 19.8.1921 R.D. alla memoria.
Motivo del conferimento: Fulgida figura di soldato, ardente di patriottismo, fu costante esempio di abnegazione ai suoi dipendenti sui quali ebbe sempre sicuro ascendente. Comandante di un valoroso battaglione zappatori del genio, accorso in linea con le fanterie in momenti gravi della battaglia, fu durante tre giorni di accaniti combattimenti per serena calma e cosciente sprezzo del pericolo, esemplare, mantenendo salda ed invitta la resistenza del suo reparto. In un pericoloso infiltrarsi di mitragliatrici nemiche, trascinò a pronto ed impetuoso contrattacco quelli che lo circondavano, e cadde colpito al cuore. Ancora nell’ultimo gesto incitava i suoi a quella resistenza che fu dalla magnifica vittoria coronata.
San Mauro del Montello, 15 - 17 giugno 1918.


FERRARIO PAOLO
, da Vanzago (Milano), Sottotenente addetto Comando Genio
2° reggimento genio zappatori della 35a divisione.

 

Data del conferimento: 19.8.1921 R.D. alla memoria.

Motivo del conferimento: Ingegnere valente e soldato entusiasta, fra i disagi di un inverno di montagna, con competenza e coraggio eccezionali attendeva ad ardite ricognizioni ed a proficui lavori di rafforzamento delle nostre primissime linee. Per eseguire il rilievo topografico di una parete rocciosa, attraverso la quale avrebbero dovuto sboccare le cannoniere di alcune caverne in costruzione, si faceva calare dall’alto con una fune, e di pieno giorno, sospeso nel vuoto, compiva il suo lavoro sotto il tiro aggiustato delle artiglierie nemiche.
Scatenatasi un’offensiva avversaria, divenuto fante fra i fanti, partecipava volontariamente ad una battaglia

durata quattro giorni, eseguendo ricognizioni fuori delle nostre linee, assicurando i collegamenti ed il rifornimento delle munizioni, in un terreno intensamente battuto dalle artiglierie e già percorso da infiltrazioni nemiche. Avvenuto il ripiegamento delle nostre truppe, rimase con pochi gregari all’estrema retroguardia per distruggere un forte, nella quale operazione, avendo voluto personalmente accertarsi dell’efficacia delle mine, venne travolto ed ucciso dall’ultima di queste.
Altipiano di Tonezza - Forte di Compomolon, 15 marzo - 19 maggio 1916

 

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Furono anche decorati con medaglia d'oro al valor militare i seguenti ufficiali del Genio addetti al servizio Aeronautica nella campagna di guerra 15-18.
 

ANCILLOTTO GIOVANNI da San Donà di Piave (VE). Sottotenente A.A. Pilota alla 77a squadriglia.

Data del conferimento: 3.3.1918 D.L.

Motivo del conferimento: Pilota da caccia di ammirevole slancio, dal 30 novembre al 5 dicembre 1917, in una serie di attacchi audacissimi incendiava tre palloni nemici e ne stringeva altri a cessare dalle loro osservazioni. In una speciale circostanza, assaliva l’avversario con tale impeto da attraversare l’aerostato in fiamme, riportando sul proprio velivolo, gravemente danneggiato, lembi dell’involucro lacerato.

Cielo del Piave, 30 novembre - 5 dicembre 1917.

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Nota:  Giannino Ancillotto, sandonatese, fu uno dei migliori piloti da caccia dell’aeronautica italiana nella Grande Guerra. Arruolatosi in aviazione quattro mesi dopo l’inizio delle ostilità, dimostrò subito una eccezionale capacità come pilota. Operò quindi come osservatore d’artiglieria e successivamente entrò nei reparti da caccia. Ma oltre alle sue imprese, la più nota delle quali fu l’abbattimento di un pallone da osservazione austriaco (Draken) a Rustignè, da lui letteralmente attraversato con l’aeroplano mentre esplodeva, e che gli fruttò la medaglia d’oro, un suo grande contributo venne alle operazioni di caccia notturna, allora sul nascere per le primitive qualità degli strumenti e delle macchine. Nella seconda metà del conflitto, erano iniziati i bombardamenti cosiddetti "strategici", contro le città e le installazioni industriali avversarie. Se di giorno la caccia otteneva qualche risultato, di notte i cieli erano dominati dai Caproni, dai Gotha e dagli Zeppelin. A queste incursioni era difficile opporsi, ed era difficile volare di notte, privi di riferimenti, ed individuare i bersagli. Ancillotto vi provò. Nella notte del 24 luglio 1918 riuscì, in una sola sortita, ad abbattere due aeroplani nemici, fatto unico nella storia della I° Guerra Mondiale. Ricorderemo di lui ancora un solo episodio misconosciuto legato al conflitto. Avendo gli Austriaci installato a Villa Ancillotto un loro Comando ed un Osservatorio, e dopo che fu dato l’ordine di distruggerli, volle essere egli stesso ad eseguire la missione, e mitragliò a bassa quota la sua abitazione. Terminato il conflitto, operò per diffondere l’industria aeronautica nazionale nel Sud America, compiendo fra l’altro il 2 maggio 1919 l’atterraggio alla più alta quota mai sino ad allora raggiunta, nella città di Cerro de Pasco in Perù. In seguito operò in Somalia, sempre compiendo voli per fini stavolta pacifici. Morì prematuramente nella notte fra il 17 ed il 18 ottobre 1924, uscendo di strada alla guida della propria automobile mentre si recava ad un raduno di medaglie d’oro.

 

BARACCHINI FLAVIO da Villafranca Lunigiana (MC). Tenente A.A. 81a squadriglia da caccia.

Data del conferimento: 2.8.1917 D.L.
Motivo del conferimento: Abilissimo ed arditissimo pilota di aeroplano da caccia,
con serena incuranza del pericolo ed indomito coraggio, in trenta giorni di servizio
alla fronte sostenne brillantemente e vittoriosamente 35 combattimenti aerei,
riuscendo ad abbattere 9 velivoli avversari.
Cielo del basso e medio Isonzo, 15 maggio – 22 giugno 1917.
 

 

 

 

 

BUTTINI CASIMIRO da Saluzzo (CN). Colonnello nella riserva A.A., 3a squadriglia da bombardamento.

Data del conferimento: 29.9.1917 M.P.S.
Motivo del conferimento: Pilota d’aeroplano, fatto segno durante un’azione di bombardamento ad intenso e ben aggiustato tiro di artiglieria nemica, calmo e sprezzante di ogni pericolo, si indugiava sulle posizioni da battere, per eseguire con precisione il tiro delle sue bombe. Investito da raffiche sempre più precise, visto colpito a morte il secondo pilota, cui una granata aveva asportato la testa, e ferito egli stesso ad un braccio, col viso coperto dal sangue e da brandelli di carne del compagno ucciso, nonostante che l’apparecchio, gravemente colpito in più parti non obbedisse più ai comandi, conservava ed infondeva, col suo contegno energico e risoluto, eroica calma in tutto l’equipaggio e, dopo sforzi inauditi, riusciva a mettere in sesto l’apparecchio che precipitava; passando quindi a bassa quota sulle linee nemiche, tra l’infuriare della fucileria, delle artiglierie e delle mitragliatrici, riconduceva sul suolo della Patria i compagni illesi ed il suo prezioso carico di morte. Cielo di Ternova, 9 settembre 1917.

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Nota:
L'immagine a destra si riferisce al trimotore Caproni con motori Fiat da 150HP che fu pilotato da Casimiro Buttini.  Dopo la guerra egli acquistò l'aereo per 30.000 lire e lo mise al sicuro in un magazzino. Nel 1959 l'Aviazione Militare lo ha riacquistato ed ora è esposto al museo storico dell'aeronautica a Vigna di Valle.
 

CASTRUCCIO GIUSEPPE da Genova. Tenente M.M., Pilota di dirigibile sull' aeronave "M. 10".

Data del conferimento: 4.1.1917 M.P.S.

Motivo del conferimento: Ufficiale di bordo di un dirigibile che aveva compiuta un’azione notturna di bombardamento sul nemico, visto che l’aeronave, colpita a poppa, in una posizione inclinata di 45 gradi, discendeva precipitosamente alla deriva, e intuito che portando un carico a prora si sarebbe reso possibile il governo del dirigibile, con sereno e cosciente spirito di sacrificio, esponendo la vita per la salvezza dei compagni e dell’aeronave, servendosi di una sottile scala metallica, saliva, nonostante l’oscurità più assoluta, dalla navicella all’involucro, aprendosi un varco nella parte inferiore; indi si trascinava carponi sopra il sottile strato di stoffa fino a prora del dirigibile, sfidando la lacerazione possibile del tessuto e la conseguente caduta. Col suo peso migliorava, così, l’equilibrio dell’aeronave, e rimanendo in tale penosa e rischiosissima condizione per circa un’ora di discesa precipitosa, permetteva al comandante di condurre l’aeronave in territorio nazionale e di atterrare.

Cielo di Prosecco, 22 settembre 1917.

 

LISA GINO da Torino. Sottotenente di Complemento A.A., Pilota nell'Arma del Genio nel 14° gruppo aeroplani 2a squadriglia "Caproni".
Data del conferimento: 2.6.1921 D.L.
Motivo del conferimento: Volontario di guerra, pilota da bombardamento arditissimo e di eccezionale valore, sempre animato da alto sentimento e da fede immutabile nella sorte della nostra Patria e delle nostre armi, fu per due anni di guerra esempio mirabile di costante valore. Più volte, in aspri e difficili combattimenti, ebbe ragione dell’avversario, quantunque con l’apparecchio gravemente avariato dai colpi nemici e due volte ritornò con la carlinga macchiata del sangue del proprio equipaggio. Il 15 novembre 1917, dopo aver condotto a termine un’azione di bombardamento per la quale si era offerto volontario, mentre riprendeva la via del ritorno, visto un altro apparecchio nazionale assalito da numerosi avversari, generosamente si slanciava in suo soccorso. Attaccato a sua volta da quattro caccia, dopo aver sostenuto lungo ed emozionante combattimento, venuto a mancare dell’azione di un mitragliere, sbalzato fuori dell’apparecchio per le arditissime manovre, cadeva nell’impari lotta e, precipitando col resto dell’equipaggio sulle balze del Trentino, consacrava alla gloria la sua giovane esistenza interamente votata alla Patria.
Cielo di Caldonazzo e della Val d’Astico, 15 novembre 1917
 

LOCATELLI ANTONIO da Bergamo. Maggiore A.A. Pilota per le operazioni in A.O.

Data del conferimento: 31.10.1923 R.D.
Motivo del conferimento: Già insignito di tre medaglie d’argento al valor militare; aviatore ammirabile, esploratore sagacissimo, temprato a tutte le avversità e a tutti i rischi, combattente di alto valore, si spingeva da solo per centinaia di chilometri su territorio avversario e superando la concentrazione di artiglieria e talvolta gli attacchi di pattuglie da caccia nemiche, giungeva su obiettivi militari di grande importanza riportando sempre fotografie ed informazioni preziose. Nell’ultimo volo di guerra colpito da uno shrapnel che gli squarciava l’apparecchio e costretto ad atterrare in territorio nemico, sebbene ferito al ginocchio e lussato al piede, compiva la distruzione dell’apparecchio e riusciva per otto ore a sottrarsi alla cattura del nemico. Caduto prigioniero, superando rischi e stenti di ogni sorta, raggiungeva le nostre linee durante l'ultima vittoriosa offensiva. Fulgido esempio d’eroismo.
Cielo della Carnia, dell’Altipiano, Alto e Medio Isonzo, Friedrichofen, Fiume Agosto-ottobre 1917 - maggio-settembre 1918.
Altre onorificenze: 10- 11- 1918 Cavaliere Ordine Militare d'Italia - 1936 Medaglia d'oro al valor militare - 1936 Medaglia d'oro al valor militare.

 

NIUTTA UGO da Napoli. Sottotenente Pilota.

Data del conferimento: 19-4-1917 D.L. alla memoria.
Pilota d’aeroplano, durante una ricognizione aerea nelle linee avversarie, incontrati due velivoli nemici,

li aggrediva risolutamente, costringendone uno a precipitosa discesa. Attaccato in condizioni

svantaggiose dall’altro, sosteneva con indomito ardire la lotta. Essendo stato colpito a morte

l’osservatore, nell’impossibilità ormai di sostenere l’impari lotta, sorvolando a bassa quota le linee

 nemiche e sfidandone con indomita fierezza il fuoco delle mitragliatrici, tentò di guadagnare le nostre linee.

Colpito mortalmente egli stesso e perduta ogni conoscenza, andava con l’apparecchio contro un banco

roccioso e vi lasciava gloriosamente la vita.
Cielo di Borgo di Vai Sugana, 3 luglio 1916.
 

 

 

FONTI e LINKS di approfondimento

 

http://www.istitutonastroazzurro.it/storia.html

 

http://www.aspeterpan.com/book1/Baracchini.htm

 

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